Fa discutere una decisione della Corte di Cassazione che ha deciso di allontanare il figlio da una madre vittima di violenza domestica per collocarlo in una struttura insieme al padre. L’obiettivo e’ favorire il recupero della genitorialita’ dell’uomo violento imputato in tre procedimenti penali per violenze commesse nei confronti della convivente. Ma le associazioni che si occupano di questioni di genere e violenza contro le donne protestano. “Questa decisione costituisce una grave forma di violenza secondaria contro le donne: rimane viva cosi’ la piu’ antica ritorsione che le donne hanno subito nella storia ogni volta che si sono ribellate alla sopraffazione, cioe’ quella di perdere i loro figli” sottolinea Differenza Donna, che chiede sia fatta luce sulla vicenda e che la madre sia ricongiunta a suo figlio nel pieno rispetto della Convenzione di Istanbul. L’organizzazione annuncia azioni in ogni sede “contro ogni forma di restaurazione di un diritto di famiglia patriarcale e sessista”. La pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 9143 e’ avvenuta il 19 maggio scorso. Per Differenza Donna cosi’ “si legittima l’allontanamento del figlio minorenne dalla madre, vittima di violenze da parte del convivente e la collocazione del bambino con il padre presso una struttura di accoglienza”. La soluzione sarebbe funzionale, secondo la Corte, a monitorare che il minore non sia esposto a violenza da parte del padre e a permettere allo stesso di recuperare il rapporto con il figlio “pregiudicato da una lunga interruzione dovuta all’atteggiamento di rifiuto manifestato dal minore e dalla madre nei confronti dell’ex convivente.” Secondo la Corte “il collocamento presso una struttura con il padre risponderebbe alle finalita’ di tutela previste dall’art. 31 comma 2 della Convenzione di Istanbul volta ad assicurare una graduale ripresa dei rapporti con la collaborazione e sotto la vigilanza di persone professionalmente qualificate.” “Si tratta di un provvedimento abnorme che distorce gli obblighi derivanti dall’articolo 31 della Convenzione di Istanbul, che impone di proteggere i figli e le loro madri dagli uomini violenti, mentre il Giudice nazionale piega illegittimamente la normativa nazionale e internazionale al perseguimento del paradigma della bigenitorialita’ a tutti i costi, anche quando lesivo dell’interesse del minore – replica Differenza Donna -. La Corte di Cassazione, infatti, nel provvedimento omette di considerare la violenza del padre nei confronti della madre alla presenza del figlio minore nella determinazione dei diritti di custodia dei figli in aperta violazione degli articoli 31 e 45 della Convenzione di Istanbul, ignora i principi espressi dalla Cedaw e le raccomandazioni rivolte a piu’ riprese all’Italia dai Comitati Onu e del Consiglio d’Europa”. Per l’associazione le donne che denunciano la violenza domestica vengono cosi’ penalizzate e condannate alla vittimizzazione istituzionale che sposta su di loro la responsabilita’ degli atti violenti, rafforzando l’impunita’ degli autori della violenza, negando la gravita’ della violenza e mettendo anche a rischio l’equilibrio psicofisico dei bambini e delle bambine, sottratti alle loro madri ed esposti alle accertate inidoneita’ paterne. “Devono quindi essere condannati con forza i principi contenuti nella decisione, poiche’ delegittimano la parola delle donne che denunciano i maltrattamenti subiti, negano la violenza riducendola a conflitto familiare in cui le madri che accolgono la volonta’ dei propri figli di non voler continuare ad avere rapporti con un padre violento, vengono giudicate manipolatrici”. Differenza Donna, ribadisce poi che la fondatezza scientifica della Pas (Sindrome di Alienazione Parentale) su cui si basano decisioni come questa “e’ stata ormai smentita in ogni sede nazionale e internazionale e pure dalla stessa Corte di Cassazione. Essa si conferma come strumento attraverso cui si rinforzano e alimentano situazioni di sopraffazione e trauma aggravando la situazione dei minori gia’ esposti a violenza assistita – continua la nota -. Nella determinazione dei diritti di custodia e visita dei figli da parte degli autori di violenza devono avere un rilievo adeguato i diritti umani di donne e bambini alla vita e all’integrita’ fisica e psicologica per un reale rispetto del principio del superiore interesse del minore”. Per questo l’associazione ha deciso di attivarsi in ogni sede giudiziaria e stragiudiziale per contestare la decisione emanata e garantire il necessario supporto alle donne che continuano a subire oltre alla violenza nelle relazioni intime, anche la violenza istituzionale e chiede alle autorita’ competenti l’immediata indagine sul caso.
06/06/2020