Utilizzare il patrimonio immobiliare pubblico capitolino per fronteggiare l’emergenza economica causata dal coronavirus sospendendo il pagamento di canoni di locazione e di concessione dovuti a Roma Capitale per l’utilizzo di immobili di proprietà comunale. È, in sintesi, quanto previsto nella proposta contenuta in un ordine del giorno approvato venerdì 13 marzo, nel corso dell’assemblea capitolina sull’emergenza coronavirus. Diverse le categorie interessate: dai commercianti agli affittuari di alloggi popolari non di proprietà dell’Ater bensì direttamente del Comune, fino agli immobili dati in gestione ad onlus e associazioni senza fini di lucro. Come anzidetto, questo provvedimento non blocca il pagamento dei canoni, bensì li sospende fino alla fine delle limitazioni imposte dall’emergenza coronavirus, con successiva rateizzazione senza interessi.
SOSPENSIONE DEI VERSAMENTI E FUTURA RATEIZZAZIONE
Ma c’è un però. La sospensione dei canoni riguarderà, spiega a il Caffè di Roma il presidente della Commissione capitolina al Commercio, Andrea Coia, primo firmatario della proposta, “solo chi ha risentito realmente della crisi dovuta alle misure di contenimento”, quindi il Campidoglio dovrà fare una selezione di chi avrà diritto e chi no, anche se ancora non si sa chi la farà e con quali modalità. Anche perché si tratta di entrate cospicue a cui l’ente capitolino dovrà temporaneamente rinunciare, trovando al contempo le coperture. Nel decreto Cura Italia varato dal premier Conte, contenente le misure economiche per arginare la pandemia, non c’è infatti alcuna norma che permetta ai Comuni di svincolarsi, a fine anno, dalla regola del pareggio di bilancio.
OK DALL’ASSEMBLEA
L’ordine del giorno presentato da Coia e approvato dall’aula Giulio Cesare altro non è che una della lunga lista di proposte avanzate dai consiglieri capitolini, sia di maggioranza che di opposizione. Del resto, il Decreto Cura Italia di Conte sembra aver lasciato agli enti locali la scelta di congelare, rimborsare o ridurre alcuni tributi e canoni di propria competenza. Ma se per Tari e Cosap – sospese fino a settembre – ma anche per strisce blu e rette asili – invece congelate senza addebito –, la giunta Raggi ha già accolto le proposte in una memoria stilata giorni fa, la questione dei canoni versati dai locatari e dai concessionari di immobili comunali resta invece ancora totalmente aperta. L’unica certezza, per ora, riguarda gli impianti sportivi di proprietà pubblica: l’atto del Governo indica espressamente che il pagamento dei canoni di concessione corrisposti dai gestori è temporaneamente sospeso. Stessa misura che la mozione approvata in Aula Giulia Cesare vorrebbe applicare alla restante parte del patrimonio immobiliare di Roma Capitale utilizzato da privati. A partire da quei quasi mille immobili dati in concessione a canone agevolato ad associazioni e destinati ad attività socio-culturali. Regolati invece da un vero e proprio contratto d’affitto, ci sono 25mila alloggi comunali di edilizia residenziale pubblica, 350 locali commerciali più le quasi 15mila pertinenze (cantine, garage, magazzini) di proprietà dell’ente capitolino.
AL VAGLIO CIFRE (E COPERTURE)
Ma ovviamente il provvedimento del Comune non può interessare tutti questi immobili. «Per gli esercizi commerciali così come per le associazioni – chiarisce Andrea Coia –, si dovrà valutare chi ha subito effetti negativi dovuti all’emergenza. Per gli immobili ad uso abitativo, invece, si dovrà considerare anche il reddito. Questo è necessario per dare una risposta seria e adeguata ad una platea più vasta possibile tra quelli che ne hanno realmente bisogno». Una scrematura, dunque, non semplice. E non ci sono ancora numeri certi. È in fase di elaborazione da parte degli uffici un conteggio del bacino di reali destinatari. La proposta è infatti giunta sul tavolo sia dell’assessore al Patrimonio Valentina Vivarelli che di Carlo Cafarotti, delegato al Commercio. Il nodo fondamentale è capire se il provvedimento è sostenibile sul piano finanziario. Più precisamente se rientrerebbe, a livello di coperture, negli 800 milioni di euro che la giunta Raggi conta di sbloccare nei prossimi due anni, tramite un prelievo dal tesoretto accontonato per i crediti di dubbia esigibilità.