IL ‘POTABILIZZATORE’ ACEA
Al posto della purissima acqua sorgiva del Peschiera-Le Capore si riaffaccia così il rischio che venga avviato il ‘potabilizzatore’ del Tevere, uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Parliamo dell’impianto industriale situato a Roma, in località Grottarossa, su un’ansa del fiume. È costato 13 milioni di euro ed è stato approvato e costruito in gran segreto dall’Acea a trazione grillina tra dicembre 2017 e novembre 2018, come rivelato in esclusiva dal nostro giornale. Poi inaugurato, sempre in gran segreto, il 18 dicembre 2018 alla presenza della sindaca Raggi e dell’Amministratore di Acea, Stefano Donnarumma. È stato progettato da Acea subito dopo che venne decretato lo stop all’uso dell’acqua del lago di Bracciano con lo scopo di dissetare il bacino di Roma e provincia. La struttura industriale è pronta all’uso, ma non è stata ancora mai avviata né collaudata. Prima di entrare in funzione serve difatti l’ultimo e decisivo ok della Giunta regionale Zingaretti che dovrà varare la prima ‘area di influenza’ regionale. Significa che la Regione dovrà concedere ad Acea il diritto di succhiare l’acqua di un fiume in cui finiscono anche reflui industriali, qual è quella del Tevere, per poi provare a depurarla, cosa che nella nostra regione è illegale.
IPOTESI DI “DISASTRO AMBIENTALE”: ACEA DISPERDE IL 50% DELL’ACQUA
Ma torniamo al ricorso giudiziario che rischia di far inginocchiare il cupolone. Secondo il comune di Casaprota e l’associazione Postribù sono tre i ‘capi d’imputazione’ principali che renderebbero il comune di Roma, La Regione Lazio e l’Acea colpevoli del reato di “disastro ambientale”, così si legge nel ricorso. Il primo è rappresentato dal fatto che Acea continua a prelevare acqua da spedire a Roma e provincia pur sapendo che circa metà di tutta quella immessa in conduttura si disperde per strada a causa delle reti idriche colabrodo, problema a cui gli Enti non avrebbero mai dato ancora soluzione con una risistemazione adeguata delle reti idriche. “Oltre 400 milioni di metri cubi di acqua – scrivono i ricorrenti nelle carte giudiziarie ora all’attenzione dei magistrati del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche – vengono prelevati ogni anno dalle due sorgenti, circa 14mila litri al secondo, e sottratti al naturale deflusso dei fiumi Peschiera, Velino e Farfa, dei quali però circa 200 milioni all’anno, ossia la metà, dispersi per inefficienze della rete acquedottistica, su cui si è deciso di non intervenire adeguatamente”.
“CONCESSIONI SCADUTE DA DECENNI”
Il secondo problema – sempre secondo Ente e cittadini – sarebbe rappresentato dalle concessioni d’uso delle sorgenti; quella del Peschiera sarebbe scaduta dal 1996, quella Le Capore addirittura dal 1980; da allora mai rinnovate. In parole povere, comune di Roma e Regione Lazio avrebbero rinnovato scartoffie scadute da decenni e da allora mai rinnovate, in barba ad ogni elementare regola del diritto. Tra l’altro i due presunti ‘rinnovi’ contengono anche il progetto di risistemazione e addirittura di ampliamento dell’acquedotto per aumentare l’acqua da portare in Città Metropolitana, nonostante le sorgenti producano sempre meno acqua, con forte discapito dello stato dei luoghi, della flora e fauna locale, in gravissima difficoltà.
“IGNORATE LE PROCEDURE IMPOSTE DALLA LEGGE”
Terzo problema: prima di rinnovare le concessioni scadute da decenni comune di Roma e Regione Lazio avrebbero dovuto verificare lo stato delle sorgenti, dei fiumi coinvolti dai prelievi, degli animali e della vegetazione che vive in essi, avviando delle procedure burocratiche e legali che prendono il nome di ‘Valutazione Ambientale Strategica’ (VAS), ‘Valutazione di Impatto Ambientale’ (VIA) e Valutazione di Incidenza (Vinca). A maggior ragione visti e considerati – questa è la tesi dei ricorrenti – i cambiamenti climatici, la diminuzione delle piogge e delle nevi nel Lazio è il cosiddetto riscaldamento globale che hanno modificato irreversibilmente l’intero sistema idrico della provincia di Rieti, in cui si trovano le due sorgenti. Parliamo di procedure di legge che hanno lo scopo di permettere a cittadini, associazioni e comitati territoriali di essere coinvolti nei processi decisionali che impattano sulla loro vita e su quella dell’ecosistema in cui vivono e che hanno lo scopo di permettergli di parteciparvi, specie per progetti di una certa rilevanza, come quelli di cui parliamo. In questo caso, comune e cittadini sono stati completamente estromessi.