Presidente Melchionno, partiamo dal Coronavirus che sembra già aver avuto conseguenze negative sull’economia.
“Intanto diciamo che la sanità è prioritaria, però certamente il virus ha creato un grave problema economico, sono anni che Camera di Commercio e Convention Bureau Roma Lazio lavorano per investire sul turismo cinese che vale 1/3 del turismo totale in Italia. Speriamo sia possibile capire al più presto se chiudere i voli ha funzionato o no”.
Lei che idea si è fatto, abbiamo esagerato a chiudere tutti i voli con la Cina?
“Bè, il fatto che siamo stati gli unici a farlo sicuramente pone qualche interrogativo, spero che dopo i 15 giorni, che dicono essere il periodo di incubazione, si possano riaprire i rapporti con la Cina. Gli effetti negativi purtroppo sono importanti, si parla di 500 milioni di euro in meno nei prossimi 6 mesi, stiamo chiedendo alla Camera di Commercio un monitoraggio per capire l’impatto reale, anche considerando che Roma Fiumicino è lo snodo preferito dai turisti cinesi che vengono in Europa”.
Che anno vi aspettate per questo 2020, al netto dei danni da Coronavirus?
“La nostra città è sul crinale, se partono alcuni progetti strutturali fondamentali come lo Stadio della Roma, la ristrutturazione dell’ex Fiera di Roma e degli ex Mercati Generali e se riusciamo a rilanciare il comparto fieristico e congressuale, allora ci sarà la svolta. Solo per il nuovo stadio abbiamo calcolato che potrebbe generare 35mila posti di lavoro in più con risvolti economici importanti. Abbiamo bisogno di progetti importanti che si portano dietro la filiera della nostra rappresentanza”.
Qual è la vostra rappresentanza?
“La Cna di Roma è l’associazione più importante della città, rappresentiamo circa 20mila imprese e rappresentiamo tutte le filiere economiche. Io sono convinto che se funzionano alcuni progetti e ripartono alcuni grossi progetti allora riparte tutto, non ci sono problemi specifici in questa città”.
Il commercio però sembra ancora in crisi, anche per i cambiamenti epocali dovuti all’avvento di internet. Che ricetta avete?
“Dobbiamo distinguere prima di tutto il commercio legato al mondo esterno e quindi all’esportazione, che è quello che bene o male trova soluzioni, dal commercio di vicinato dove invece si concentrano i problemi. Anche qui stiamo provando a fare leva sulla digitalizzazione: abbiamo messo a disposizione delle nostre reti di impresa delle piattaforme digitali dove poter promuovere i propri prodotti. Non dobbiamo avere paura dell’innovazione tecnologica, perché anche le grandi piattaforme online di commercio si servono poi di un distributore locale. È sbagliato fare delle battaglie di retroguardia sui cambiamenti digitali, vanno sfruttati per trovare gli strumenti per far ripartire anche il commercio di vicinato. Io sono convinto, per esempio, che si andrà sempre più verso la consulenza e non la vendita del prodotto, molte professioni già lo fanno, ad esempio gli assicuratori. Questo avverrà anche nel commercio: dovrò trovare la persona che mi fa una consulenza sul tipo di scarpa da comprare, poi l’acquisto può avvenire in una seconda fare, magari attraverso l’online”.
Roma sembra vivere sui servizi, non produce ricchezza. È così?
“No, non sono d’accordo. Il falegname che fa la manutenzione al ministero o alle università fa parte della produzione, anche se poi viene conteggiato nel comparto dei servizi. Non siamo neanche così sguarniti nel campo della produzione: abbiamo settori della farmaceutica e dell’aeronautica che sono all’avanguardia e hanno numeri importantissimi, poi abbiamo eccellenze nella produzione di strumentazioni digitali di alto livello. Roma è sottovalutata nella sua produzione, ha esigenze importanti e rappresenta settori importanti, solo che la città non lo accetta. Pensiamo che nell’anello ferroviario, dentro al Gra, non c’è un grande centro artigianale qualificato. Una vetreria, per esempio, non ha un punto dove allocare le produzioni, servirebbero 4-5 riferimenti all’interno del Gra dove far nascere questi centri artigianali, certo poi ci si scontra con il fatto che è più facile affittare un capannone di 2000 mq ad un supermercato che ad una vetreria”.
A questo proposito come vede il futuro? Roma non ha troppi centri commerciali?
“Penso che nel prossimo futuro i centri commerciali diminuiranno come sta succedendo già negli Stati Uniti, dove sono 30 anni avanti rispetto alla nostra città e 20 anni rispetto a Milano. Credo anche che ci sarà un ritorno al commercio di vicinato, perché un negozio, una via commerciale, è un presidio economico, di civiltà, di socialità e un presidio di legalità: ogni serranda che si abbassa è una sconfitta non solo per noi e per gli imprenditori, ma per tutta la città”.
Che rapporti avete con l’amministrazione?
“Abbiamo un buon rapporto con l’assessore alle Attività produttive, un po’ più problematico con la sindaca. Ma l’importante non è questo, è rappresentare presso il Comune le esigenze dei nostri imprenditori. La Regione è sicuramente più dinamica e attiva, noi collaboriamo con tutti per raggiungere un risultato. Poi io dico questo: se funziona Roma funziona anche l’economia di Roma. Per un’impresa media l’impatto del traffico romano incide fino a 10mila euro”.
State portando avanti una class action contro Ama. A che punto siete?
“Noi siamo partiti un po’ di anni fa con la richiesta dell’esclusione di una parte della Tari per le imprese che producono rifiuti speciali, visto che devono già smaltirli con grandi esborsi economici, e abbiamo raggiunto risultati positivi: 150 imprese artigiane hanno fatto ricorso, vincendolo. Oggi invece stiamo portando avanti un’altra questione: molti associati ci hanno evidenziato il grosso problema della raccolta rifiuti, soprattutto le imprese legate al territorio come ristoranti, bar, negozi su strada sono in difficoltà con questi cumuli di immondizia non raccolta, perdono clientela. Noi eravamo disponibili a capire: se ci avessero detto dal Comune di aspettare due anni ché si stava provvedendo a risolvere il problema, ci sarebbe andato bene, e invece vediamo che non c’è la volontà di chiudere il ciclo della raccolta rifiuti. Ecco perché abbiamo deciso di aiutare le nostre imprese a far valere i loro diritti di fronte ad una legge dello Stato che ci dice che, se i servizi non vengono svolti correttamente, non si può pagare il servizio per intero. Quindi, fatta salva una quota del 20% che è una tassa generalizzata sul territorio che noi siamo i primi a pagare, ci stiamo rivalendo per non pagare il resto della quota”.
Un’altra cosa che non vi è andata giù è stato il blocco di tutti i diesel di qualche settimana fa…
“È una questione di buon governo e anche di saper incentivare gli imprenditori e i cittadini alle buone pratiche. Se si dice “bloccate gli euro 3 perché inquinano, comprate gli euro 6 plus che sono ecologici” e le imprese fanno investimenti in questa direzione ma poi si blocca anche il transito degli euro 6 plus, questa diventa una contraddizione in termini. Noi ci siamo spesi per spingere al rinnovo del parco macchine, anche con aiuti sui finanziamenti, ma se poi si blocca tutto, compresi gli euro 6 plus, è davvero un controsenso”.
Secondo lei il marchio Made in Roma può essere una delle soluzioni per rilanciare il commercio?
“Non mi convince assolutamente, perché è difficile qualificare il marchio: chi è che lo legittima, chi qualifica un locale ad esempio, chi mi dice che è meritevole del marchio?”
Ma non è che tutte le sigle presenti a Roma fanno difficilmente sistema?
“È vero che ci sono tante sigle, ma chi governa e conosce la città capisce anche quali sono gli strumenti di rappresentanza. Cna rappresenta il maggior numero di imprenditori, ci sono altre sigle, ce ne sono per l’artigianato, per l’agricoltura. Con molti progetti, come Rinascimento Roma, siamo riusciti ad aggregare le 7 sigle più importanti e più in generale siamo convinti che le cose debbano essere fatte insieme. Certo è che poi le amministrazioni non si possono bloccare perché parlano con associazioni piccolissime che non rappresentano nessuno. La politica non si può bloccare perché una proposta viene da una sigla e non dall’altra: bisogna guardare qual è la rappresentanza”.