Berretti bianchi e micromazzette. Da novembre tre agenti della Polizia Roma Capitale si sono ritrovati ai domiciliari per avere ricevuto soldi o favori. L’ultima misura è scattata nei giorni scorsi con l’arresto di un vigile del terzo gruppo Nomentano. Addetto al reparto commercio si muoveva come un facilitatore. Faceva piaceri agli ambulanti, piaceri ai commercianti, quando capitava pure agli imprenditori. Per usare le parole del giudice che l’ha messo ai domiciliari per corruzione e traffico di influenze l’attività del vigile era un ”do ut des”. Avrebbe fatto finta di non vedere, tentato di cancellare revoche, e soprattutto si interfacciava di continuo con gli uffici comunali e quasi sempre con la finalità di ricevere utilità di ogni tipo. A volte soldi in contanti (come una mazzetta di duemila euro chiesta sotto forma di prestito), a volte l’interessamento per la vendita di un terreno di famiglia (del valore di 270.000 euro), altre ancora in cambio di sponsorizzazioni di una squadra di calcio fuori Roma che avrebbe dovuto assumere il figlio per mille euro al mese e un alloggio, sollevando lui dall’onere del mantenerlo. Sono stati gli stessi colleghi, guidati dal comandante Antonio Di Maggio, a conclusione di indagini coordinate dalla procura a relegare agli arresti domiciliari il vigile lo scorso 5 febbraio.
SINDACA ALL’ATTACCO
Il commento della sindaca Virginia Raggi è arrivato a stretto giro. ”Un vigile è stato arrestato dai suoi colleghi per corruzione”, ha scritto, ”Ringrazio Procura e forze dell’ordine per indagini. È un episodio gravissimo ma dimostra che gli anticorpi funzionano. A Roma non c’è spazio per chi non rispetta legalità. Via le mele marce dal Corpo di Polizia Locale”. A novembre la stessa sorte era toccata ad altri due vigili urbani in forza però al gruppo Sapienza ed appena spediti a giudizio. Si sarebbero resi protagonisti di un caso di tavolino selvaggio al contrario. I due, a differenza dei colleghi, spesso impegnati a smantellare i dehors abusivi, avevano chiesto appositamente a un ristoratore di San Lorenzo di tirare fuori tavoli e sedie e di apparecchiare per loro. ”Mette i tavoli fori e famo la festa lì no…”, sono stati intercettati mentre in divisa e in servizio il 10 giugno 2018 si preparavano a sedersi da ”Pesce fritto e baccalà”. Un escamotage che avrebbe non solo assicurato un pranzo all’aperto dove non dovuto (una manifestazione in corso vietava a tutti i negozianti sedie e banchetti) ma anche fatto affluire altri clienti. Il comportamento dei due vigili è stato inquadrato dal pm Claudia Terracina, che indagava su un giro di corruzione tra i ristoratori di San Lorenzo, come un abuso d’ufficio. E per questo i due berretti bianchi si sono ritrovati con la misura cautelare. Per uno dei due vigili, già condannato a 4 anni per aver preteso una mazzetta da un ristoratore della zona, la procura ha contestato anche la corruzione. Avrebbe taglieggiato un cingalese gestore di un minimarket in via Lorenzo il Magnifico. ”Il vigile si è presentato come un comandante di zona e mi ha detto: ”Dammi dei soldi o comunque una contestazione per farti chiudere comunque la trovo”, ha ammesso il commerciante. La somma sottratta in più riprese: 230 euro.
L’INTERROGATORIO
Il vigile urbano del Nomentano è stato interrogato dal giudice martedì. Uno dei fatti contestati aveva a che fare con una sala scommessa da aprire. La Questura aveva negato il permesso perché a meno di cinquecento metri dall’ingresso di una scuola. Il vigile in cambio di un acquirente per il suo terreno si è impegnato su vari fronti affinché un nuovo sopralluogo portasse a una nuova misurazione delle distanze. Agli atti sono finite pure le intercettazioni con un ambulante ”amico”, insomma con il quale aveva gran confidenza. Lo stesso giorno in cui gli avrebbe permesso il collocamento di un banco fuori postazione avrebbe avuto dallo stesso il favore di un prestito di due mila euro. Una ”bustarella” per i magistrati.