Ci sono 70 milioni di rifugiati nel mondo, più dell’intera popolazione italiana. Tra questi, 6.700.000 scappano dalla Siria. Molti di quelli che scappano sono minori, spesso bambini. Nelle zone in guerra sono soprattutto i più piccoli a essere in pericolo. Le strategie militari si spingono talvolta ad avere nei bambini obiettivi prioritari da eliminare, per entrare in testa al nemico, e spezzargli la forza di volontà. Capita anche, soprattutto nei paesi africani, che i bambini vengano arruolati come soldati. È il caso di Adam, bambino del Darfur, che ha raccontato di come sia riuscito a scampare all’incendio del suo villaggio, senza purtroppo riuscire a salvare le sorelle, di 4 e 6 anni, morte tra le fiamme. Adam, come moltissimi bambini sudanesi, è stato in seguito arruolato forzatamente in una delle milizie locali, e durante uno dei tanti scontri armati, si è trovato a dover combattere contro suo fratello maggiore, arruolato da una milizia rivale. Dietro i grandi numeri, ci sono spesso storie così, e ci sono sempre volti, nomi e cognomi. È per rispondere all’emergenza globale delle migrazioni che la Comunità di Sant’Egidio, profondamente radicata nel cuore della città di Roma, ma fin dalle sue origini proiettata in tutto il mondo, ha dal 2016 dato vita al progetto dei Corridoi umanitari, per favorire un processo di migrazione legale, rispettoso sia delle vite dei migranti che delle realtà dei paesi ospitanti. Grazie a questa iniziativa, ideata e realizzata insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, alla Tavola Valdese, alla Cei-Caritas e in collaborazione coi ministeri dell’Interno e degli Esteri, dal 2016 sono 3.179 i profughi arrivati in sicurezza in Italia, Francia, Belgio e Andorra dai campi del Libano e dell’Etiopia. Gli ultimi sono sbarcati nella mattinata di venerdì 31 gennaio all’Aeroporto di Fiumicino, e, dalla città di Roma, verranno accolti dalla rete di solidarietà animata da Sant’Egidio in varie altre città italiane. Si tratta di 86 richiedenti asilo siriani, tutti arrivati dai campi del Libano. Tra loro i minori sono 42, tra cui anche bambini idrocefali e talassemici. Ad accoglierli, al terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino, ci sono i parenti siriani, arrivati tramite precedenti Corridoi umanitari, e già avanti nel processo di integrazione nel nostro paese. Saranno loro i primi grandi sostegni per avviare il percorso di inclusione anche per i nuovi arrivati. L’attività di coordinamento gestita dalla Comunità di Sant’Egidio e dalle altre realtà associative coinvolte, è ramificata e si estende a varie altre città e regioni italiane. Lo si nota dal numero dei volontari, provenienti da parrocchie, associazioni, comunità, venuti ad accogliere i richiedenti asilo arrivati a Fiumicino. Degli 86 atterrati venerdì, 54 verranno accolti dalle comunità evangeliche e valdesi, distribuiti tra diverse chiese e associazioni a Roma, Genova, Firenze, Padova, e altre città. Tra i nuovi arrivati, numerose sono le famiglie con papà, mamma e bambini, come quella di Ahmad e sua moglie Reham, incinta al settimo mese, e già madre di Omar, di diciotto mesi. Ahmad e la sua famiglia sono riusciti a fuggire da Deir ez-Zor, al confine con l’Iraq, e ora verranno accolti a Roma, da tre ventenni romani, Elena, Federico e Annabella, che si sono conosciuti in una parrocchia di Centocelle, e hanno dato vita a un’associazione indipendente chiamandola “Va a fa ’n bene”, che si occupa di incontri di sensibilizzazione sui temi dell’immigrazione e della difesa dell’ambiente, e che ora si apre all’accoglienza di questa famiglia siriana, tramite la collaborazione con Sant’Egidio. «I corridoi umanitari – ha spiegato Daniela Pompei, responsabile dei servizi ai migranti, rifugiati e rom della Comunità di Sant’Egidio – sono un modello positivo che nasce dall’Italia, che è replicabile, ed è già stato replicato in Francia, Belgio e speriamo che diventi un modello strutturale dell’Unione Europea». Da subito la Comunità di Sant’Egidio ha pensato i Corridoi umanitari come un modello di accoglienza che fosse replicabile su più larga scala. «Questa è un’esperienza positiva – ha detto il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo – che dimostra che fare bene il bene è possibile. Ci auguriamo che diventi un’esperienza sempre più Europea». Recentemente anche la viceministra degli Esteri Emanuela Del Re, parlando dei Corridoi umanitari, aveva dichiarato: «Crediamo in questa iniziativa, e vogliamo esportare questo modello italiano in Europa, coinvolgendo gli altri stati dell’Unione nel creare Corridoi umanitari europei».
06/02/2020