IL CASO DEL IX MUNICIPIO
In ogni scuola gli alunni disabili, oltre a un insegnante a loro dedicato, hanno diritto a un assistente educativo culturale, il cosiddetto AEC, che deve cercare di favorire l’integrazione di tali alunni e che deve aiutarli a sviluppare le loro capacità pratiche e relazionali. Professionisti che badano a tutte le necessità dei bambini. Fondamentali. In base al grado di disabilità, fino a lunedì scorso nel Municipio IX ogni alunno aveva diritto a un assistente per una media di 15 ore a settimana. Con il nuovo bando varato dall’ente locale, retto dal minisindaco pentastellato Dario D’Innocenti, quelle ore sono state portate a nove. Un incubo per le famiglie dei bambini, che senza aiuto a scuola si trovano in enormi difficoltà. Informalmente dallo stesso Municipio, nel momento in cui è scattato il subentro di quattro nuove cooperative al posto delle cinque precedenti, sarebbe stato assicurato che almeno fino a giugno non sarebbe stato modificato il piano di assistenza, ma tale impegno sembra difficile da mantenere, considerando che le coop hanno vinto un bando che prevede un certo numero di ore e assegnarne di più sembra rappresentare una turbativa d’asta, un regalo a chi ha preso parte a una gara più povera che potrebbe aver scoraggiato quanti non avrebbero avuto interesse a un affare più magro. Una situazione delicatissima in una realtà dove, in particolare al Laurentino, vi sono anche dei casi molto particolari e di difficile gestione. Tanto che alcuni assistenti hanno scelto altre sistemazioni e disabili con situazioni estremamente complicate perdono la cosiddetta continuità educativa. “Qui – confida un’assistente – alcuni bambini vanno in crisi solo se apriamo o chiudiamo una porta o una finestra. Immagini cosa può succedere con il cambio di educatore”. Un calvario poi per gli AEC rimasti.
NUOVI SCHIAVI
Gli assistenti educativi sono gli unici nell’ambito della scuola ad essere a contatto con i ragazzi e a non essere assunti dal Ministero dell’Istruzione. Lavorano tramite cooperative che vengono pagate dagli enti locali. Fino a circa venti anni fa tali figure erano in carico al Campidoglio. Poi è stata scelta la via della esternalizzazione e sono arrivate le coop. Una cinquantina di cooperative che si dividono nella Capitale un business stimato in 50-60 milioni di euro l’anno. Gli AEC si sono riuniti ora in un coordinamento per cercare di far valere i loro diritti, e stanno portando avanti una battaglia per tornare a lavorare alle dipendenze di Roma Capitale. Facendo un calcolo, per ogni ora di assistenza a un alunno disabile le coop vincitrici dei vari bandi ricevono dall’ente locale tra i 20 e i 21 euro. All’assistente vanno però solo circa 7 euro. Considerate tasse e contributi, alla fine le coop finirebbero così per guadagnare circa il 35% delle somme ottenute dalla pubblica amministrazione. Gli assistenti sono inoltre tenuti a svolgere corsi che devono pagare di tasca propria e che sfiorano i 900 euro, somma che non riescono ad accumulare neppure con un mese di lavoro. Di frequente non hanno diritto a ferie e malattia; se il bambino a loro assegnato ha diritto a poche ore si trovano solo spiccioli a fine mese; non hanno diritto al pasto e se quando arrivano a scuola l’alunno da seguire è assente, magari perché malato, la giornata è persa e a loro non va neppure un centesimo. “Io sono costretta a fare tre lavori per cercare di andare avanti”, assicura una delle assistenti. Un lavoro da nuovi schiavi. Ulteriormente peggiorato nel Municipio IX con il nuovo appalto, partito con un anno e mezzo di ritardo e dopo sei proroghe. Non tutte le cooperative uscenti hanno fornito i nomi dei loro AEC per farli riassorbire da quelle entranti e alcuni di loro, per salvare il posto, sono stati costretti a inviare autonomamente gli elenchi. Come se non bastasse, le quattro coop che ora svolgono il servizio hanno siglato l’accordo relativo ai lavoratori con Cgil e Cisl, ma i contratti non sono rimasti gli stessi come previsto dal contratto nazionale di lavoro. Chi aveva la “fortuna” di un contratto a tempo indeterminato si trova con un contratto che non considera i mesi estivi. Chiusa la scuola insomma niente stipendio. E sono state tagliate anche le già magre retribuzioni. I problemi maggiori sono stati registrati con una delle nuove cooperative ed inutile è stato anche il coinvolgimento del Municipio e dell’Ispettorato del lavoro. O così o niente.
LA PROSPETTIVA
Una piaga che potrebbe diventare sempre più purulenta da settembre, quando entreranno in attività le cooperative che hanno vinto il cosiddetto bandone. Non più appalti per ogni municipio, ma un appalto unico per tutta la Capitale. Diviso in trenta lotti. Su scala europea. Ma a rispondere sono state giusto trenta coop. Un lotto a testa. Con una previsione di ore di assistenza per ogni alunno ridotte rispetto a quelle attuali. L’ennesimo colpo alle famiglie di circa novemila disabili che frequentano gli istituti scolastici capitolini. E di conseguenza tagli anche ai posti di lavoro. Tanto che si stima che dei 2.400 AEC attualmente in attività ne resteranno al lavoro solo 1.800. Altre ragioni per cui il coordinamento degli assistenti chiede che si torni all’internalizzazione del servizio, precisando che il Campidoglio otterrebbe anche considerevoli risparmi. Dal comitato specificano infatti che le attività extra assicurate dalle coop, come i laboratori per i ragazzi, puntualmente non verrebbero svolte. Tornando alle dipendenze della pubblica amministrazione gli assistenti potrebbero inoltre essere impegnati nelle diverse attività estive per i disabili, da tempo oggetto di altri bandi e di altre spese. “Speriamo che il tavolo tecnico aperto dia buoni risultati”, affermano gli AEC incrociando le dita. Ne va del futuro di novemila famiglie con bambini disabili e di 2.400 professionisti costretti quotidianamente a una vita d’inferno.