371 MILIONI PER RIPIANARE I BUCHI FINANZIARI
«Siamo proprio sicuri che la destinazione degli introiti (ossia dei soldi ricavati dalla vendita degli immobili, ndr) sia corretta?», hanno chiesto in coro i due consiglieri M5S Gaia Pernarella e Marco Cacciatore, in una seduta durata una manciata di minuti. «E cosa vuol dire, tecnicamente, immobili di pregio?», gli ha fatto eco Eugenio Patanè del Pd. La faccenda ha già sacatenato mesi di scontri e polemiche con i sindacati e i movimenti capitolini per la lotta alla casa. Il problema di fondo sembra essere la destinazione degli introiti derivanti dalla maxi-vendita. Nel Piano di risanamento Ater stima di poter vendere 3.200 alloggi, da cui verrà ricavato un tesoretto da 557 milioni di euro. Di questi, circa il 66% – ben 371 milioni – “potrà essere utilizzato per il ripiano disavanzi”, si legge nel documento.
NORME CALPESTATE?
Liquidità fresca nelle dissestate casse dell’ente romano delle case popolari, che però potrebbe scontrarsi con la legge in materia. In primis, con una vecchia norma del 1993 (la legge 560), che prevede che almeno l’80% dei proventi derivanti dall’alienazione degli alloggi di edilizia pubblica debba essere indirizzato su manutenzione straordinaria e nuove costruzioni. Una destinazione, quest’ultima, che invece un decreto legge del Governo Renzi del 2014 (il n.47) fissa come “esclusiva”: tradotto, significa che non si possono pagare i debiti con i guadagni delle vendite delle case popolari. Riferimento normativo sottolineato anche dalla Corte costituzionale in un passaggio di una sentenza del 2016, con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del Piano di dismissioni approvato dalla Regione Abruzzo, che spalmava il 20% del gruzzolo sulle partite debitorie della propria azienda erp. Insomma, una questione controversa quanto scottante, anche perché nel frattempo il Governo, il mese scorso, ha impugnato di fronte alla Consulta una legge delle Regione Sicilia che si è spinta a tamponare le voragini debitorie con l’80% degli incassi.
SCONTI DEL 50%, MA SONO SOSTENIBILI?
Su tutta la questione c’è poi la discussione sui dei destini degli attuali assegnatari che dovrebbero essere messi in grado di acquistare la casa dove vivono da anni. La volontà politica che porta avanti il Pd è quella di abbattere i prezzi fino al 50% del valore di mercato: “Con la bozza di partenza, arriviamo per ora al 45%», ci spiega Yuri Trombetti, responsabile Casa del Pd di Roma, che a margine della commissione è stato ricevuto dai consiglieri regionali assieme a una delegazione di cittadini, assegnatari di appartamenti interessati dalle procedure di vendita. Ma bisogna tener presente che, abbattendo i prezzi di cessione, si ridurrebbe anche la fetta da indirizzare ai rossi di bilancio. Insomma, una vicenda che si prospetta assai spinosa. E nel frattempo sono ancora pendenti al Tar due ricorsi, promossi da due sindacati, che impugnano l’atto regionale.