Stadio no, stadio sì. C’è chi ha parlato della virata della giunta Raggi sul tema, chi della macchina amministrativa, chi delle indagini. Con due udienze dei giorni scorsi è entrato nel vivo il processo sul presunto giro di mazzette che, secondo la procura, ha coinvolto l’imprenditore Luca Parnasi e politici per oliare il progetto dello stadio a Tor di Valle. Sulla poltrona dei testimoni si sono ritrovati i primi personaggi di calibro. Come l’urbanista Paolo Berdini, ex assessore della giunta Raggi, che ha ricostruito il dietrofront della giunta sul tema stadio. ”Dopo le parole di Francesco Totti del 5 febbraio 2017 (“Famo sto stadio, vogliamo il nostro Colosseo moderno”), mi telefonò l’allora vicesindaco Bergamo, mi disse che la mia posizione contraria non era più sostenibile dal punto di vista politico. Così mi trovai fuori linea”.
ALLA SBARRA 16 PERSONE
Nel processo che vede alla sbarra 16 persone (tra cui oltre Parnasi, Luca Lanzalone, chiamato ad hoc in Campidoglio per occuparsi della vicenda, il consigliere comunale M5s Marcello De Vito, l’ex assessore regionale all’Urbanistica, Michele Civita e il consigliere regionale Adriano Palozzi), Berdini si è soffermato sul rinnovato interesse per la struttura. ”Conobbi i componenti del gruppo consiliare dei 5Stelle quando erano all’opposizione con Ignazio Marino sindaco”, ha spiegato, ”e mi dissero che avrebbero portato in procura la questione stadio. Furono loro a cercarmi, volevano che dessi da urbanista un parere sulla delibera sulla pubblica utilità della giunta Marino e io dissi che la zona di Tor di Valle era inadeguata e pericolosa per farci uno stadio. Il mio incarico avrebbe dovuto riguardare la pianificazione di una città in ginocchio, bloccata, questo era il mio sogno”.
LA GIRAVOLTA
Stando a Berdini, però, ci sarebbe stata una giravolta da parte del Campidoglio: ”Quanto allo stadio, io fui chiamato con un incarico ben preciso, quello di bocciare il progetto. Una posizione condivisa dai cinquestelle fino al gennaio del 2017 quando in Campidoglio arrivò l’avvocato Luca Lanzalone come punto di riferimento per la soluzione del problema. Prima di lui lo era stato il magistrato Ferdinando Imposimato: un cambio improvviso, parlerei di un cambio di direzione a 180 gradi”. Imposimato, infatti, era convinto che l’interesse pubblico previsto dalla legge sugli stadi non sussistesse e che la relativa delibera contenesse perfino profili di incostituzionalità”
“QUANDO CONOBBI LANZALONE”
Secondo la ricostruzione dell’urbanista Lanzalone lo avrebbe, di fatto, sostituito tracciando la linea opposta da seguire. ”Quando conobbi Lanzalone”, ha continuato Berdini, ”chiesi a Virginia Raggi che ruolo avrebbe avuto, se c’era un incarico formale per lui. La sindaca mi disse che avrebbe provveduto a dargli un ruolo che per quello che so non è mai stato formalizzato. Io non frequentavo molto il Campidoglio perché i miei uffici erano all’Eur ma alle riunioni sullo stadio era presente Lanzalone. Mi sentii sostituito da lui”. Una virata di prospettiva, per Berdini, voluta dai vertici del M5S e non direttamente dal Campidoglio: ”A gennaio 2017 il cambiamento: c’era la possibilità giuridica e amministrativa del diniego dell’interesse pubblico ma poi questa volontà di revoca venne meno. Il 14 febbraio rassegnai le mie dimissioni, dopo le parole di Francesco Totti sullo stadio cui seguì la telefonata del vicesindaco Bergamo”.
L’AD BALDISSONI
Opposta la testimonianza l’ex direttore generale della As Roma, l’avvocato Mauro Baldissoni, ascoltato come testimone all’udienza successiva, il 19 aprile; ”L’assessore Berdini invece di discutere con noi delle sue proposte rilasciava ogni giorno interviste ai maggiori organi di stampa della Capitale. Siamo sempre stati molto generosi a gentili a non rispondere mai, eppure lui rappresentava l’istituzione Comune di Roma che aveva espresso, con la giunta Marino, il parere di pubblica utilità rispetto al progetto dello stadio”. ”Noi sostenevamo il principio della continuità amministrativa”, ha spiegato, ”Per salvaguardare la situazione e andare avanti abbiamo detto che a fronte del taglio di cubatura non potevamo ottemperare a tutte le opere pubbliche, come il ponte di Traiano, la fermata della metropolitana ed il resto. E’ la logica del progetto in compensazione. Senza un fattore non si può tenere l’altro”. Baldissoni, rispondendo alle domande del pubblico ministero, ha ricordato il ruolo dell’avvocato Luca Lanzalone. ”Nel 2016 dopo l’elezione del nuovo sindaco eravamo in un momento difficile, la situazione era bloccata. Ad un certo punto però ci fu presentato Lanzalone, come esperto di diritto amministrativo con il ruolo di interfaccia con il Campidoglio col compito di modificare e salvaguardare il progetto. Lui era in sostanza il consulente dell’amministrazione Raggi”. In aula nella stessa udienza sono stati ascoltati anche l’ex dirigente di Roma Capitale, Franco Giampaoletti e l’ex assessore alle partecipate, Massimo Colomban. ”Ho conosciuto Lanzalone a Genova, è stato lui a proporre il mio nome per il ruolo di direttore generale in Campidoglio”, ha detto Giampaoletti. L’ex assessore Colomban ha invece ha rivelato ”di essere stato chiamato a Roma da Beppe Grillo. Prima ho sentito Grillo e poi Virginia Raggi”.