L’annuncio della sindaca Raggi di mettere a bando le concessioni per il commercio ambulante, nonostante l’ultima legge di bilancio abbia rinviato le gare al 2033, ha fatto discutere molto la politica e arrabbiare molkti operatori del commercio su aree pubbliche. La prima cittadina della capitale ha preso una scelta dopo aver ricevuto il parere positivo dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, che le ha consigliato di disapplicare la legge italiana e seguire la direttiva Bolkestein. La prima cittadina della capitale non ha fatto ancora dato seguito alle proprie parole in quanto è in attesa del parere del governo. Il Caffè di Roma ha cercato di comprendere se la Raggi può disapplicare il diritto italiano in contrasto con una norma europea, come le ha suggerito l’Autorità indipendente o meno, interpellando due docenti universitari.
COSA PREVEDE LA DIRETTIVA EUROPEA
L’atto dell’Unione Europea di cui molto si è parlato negli ultimi anni, è stato emanato nel 2006 e prende il nome del commissario per la Concorrenza e il Mercato Interno dell’UE che l’ha promosso. La direttiva, recepita in Italia solamente nel 2010, ha previsto che i beni di pertinenza statale, come le spiagge, o quelli di proprietà di altri enti come: i mercati coperti comunali, gli impianti sportivi comunali, le strade e i marciapiedi in cui sono presenti le postazioni dedicate al commercio ambulante, possono essere dati in concessione solo per un periodo di tempo determinato. Scaduto il termine dell’affidamento, i beni vanno di nuovo messi a bando per poter consentire a qualunque operatore dell’Unione Europea di poter partecipare alle gare, e in caso di vittoria, gestire il servizio. Le scadenze della validità delle concessioni per il commercio su aree pubbliche e degli stabilimenti balneari hanno subito finora diversi rinvii.
L’OPINIONE DEL PROFESSOR CANNIZZARO
“La Corte di Giustizia europea – ci ha spiegato Enzo Cannizzaro, docente ordinario di diritto europeo dell’Università “La Sapienza “ di Roma – su richiesta di un giudice italiano, nel 2016 ha emesso una sentenza su una concessione balneare. Il giudice nello specifico ha deciso che una proroga generalizzata di una concessione di servizi è contraria alla direttiva Bolkestein che invece ne esige la messa a gara”. Il professore ha spiegato anche che la possibilità di un amministratore pubblico di disapplicare una legge italiana in contrasto con il diritto europeo sia possibile da oltre trent’anni:”con la sentenza Granital del 1984 la Corte di Giustizia Europea ha affermato che se ci sono leggi italiane in contrasto con norme del diritto europeo che incidono direttamente sulla vita dei cittadini i giudici e la pubblica amministrazione possono disapplicare le norme italiane”.
Il professor Cannizzaro ha concluso affermando come spetti non solo al sindaco, ma anche al dirigente comunale il dovere di ignorare l’atto italiano in contrasto con il diritto europeo.
L’OPINIONE DEL PROFESSORE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO
Diverso invece il ragionamento di Renato Rolli, professore associato di diritto amministrativo dell’Università della Calabria: ”La direttiva Bolkestein presenta alcune difficoltà perché in Italia ci sono delle norme del codice civile sul demanio pubblico, molto antiche e stringenti, che difficoltosamente si coniugano con le esigenze del mercato previste dall’atto europeo. Nell’ottica della integrazione tra gli ordinamenti, esiste però la facoltà di applicare il diritto sovranazionale disapplicando il diritto interno, trattandosi di fonti dello stesso rango. Tale obbligo però appartiene solamente al giudice, vista la primazia del diritto europeo. La pubblica amministrazione, invece ha una facoltà di scelta e può, nella cura dell’interesse generale, procedere a disapplicare una a favore dell’altra. Le direttive, infatti, come fonti del diritto derivato, hanno bisogno di un atto di recepimento da parte degli ordinamenti statali. Se la Bolkestein fosse stata un regolamento, sarebbe stata invece direttamente applicabile”.