E invece com’è cambiato il consumo in casa?
Lo smart working ha portato all’aumento dei consumi in casa, a svantaggio di colazione e pranzi fuori. Al di là dei carrelli pieni, che abbiamo visto a marzo scorso, oggi non è diminuito il volume del carrello, ma la consistenza, quanto si spende, per ristrettezze economiche a causa di cassa integrazione e perdita di lavoro. I consumi di ortofrutta, un bene primario importante che fa bene alla salute, sono diminuiti di quasi il 30%.
Non c’è maggiore attenzione ai prodotti italiani e regionali?
Per cercare di dare una mano alla filiera, Coldiretti ha sempre fatto una comunicazione di attenzione ai prodotti italiani, ma talvolta la comunicazione che arriva ai consumatori non è altrettanto trasparente. Le faccio un esempio. Un olio extravergine d’oliva di un marchio noto, nella grande distribuzione in offerta viene venduto anche a 3,5 euro al litro ed il consumatore meno attento non guarda alla provenienza italiana, ma si fida solo della marca. Bisogna investire tempo ed attenzione per leggere le etichette di provenienza del prodotto. Qualità italiana non significa solo spendere di più, perché spesso noi proponiamo alla grande distribuzione il made in Italy con prezzi calmierati.
Anche per gli agriturismi, che nel Lazio sono circa 1280 aziende, il periodo è particolarmente difficile. Sono arrivati sostegni economici?
Si, ma i ristori sono poco impattanti, anche se gli agriturismi con grandi sforzi si sono ingegnati con l’asporto. In molti casi negli agriturismi ci sono persone che ancora devono ricevere la cassa integrazione della scorsa primavera.
Un Natale con cenoni light avrà un prezzo non solo affettivo. Quale saranno le filiere agroalimentari che saranno più colpite?
Non ci saranno le tavolate di 20 persone, ma auspichiamo che ognuno possa avere attenzione per le ricette della tradizione e mettere in tavoli i prodotti regionali del Natale. Avremo un grosso calo nel consumo degli spumanti per l’export, potrebbe esserci difficoltà anche nel prodotto dolciario, come panettone e torrone. E sicuramente la ristorazione e l’alberghiero di una città turistica come Roma soffriranno ancora.
Quel che è certo, è che sulle tavole non mancherà l’abbacchio, un’eccellenza romana. Coldiretti sta chiedendo agli allevatori che venga certificata la carne con il marchio Igp. A che punto siamo?
Il consorzio Igp è attivo da circa 10 anni, ma questo prodotto soffre di grande contraffazione. Noi invitiamo consumatori ed allevatori a fare un giro nella distribuzione, dove spesso l’abbacchio non ha il marchio Igp, ma magari viene dalla Spagna, perché le etichette a volte sono così sottili da trarre in inganno. Non dobbiamo arrenderci alle logiche dei trasformatori che hanno interesse a comprare la merce all’estero per poi metterla in commercio, ma con poca chiarezza, perché bisogna leggere le etichette con la lente d’ingrandimento. Gli allevatori di abbacchio non devono aver paura di certificare l’Igp, per salvare la pastorizia di questa regione, anche perché la carne di abbacchio è una delle poche denominazioni del Lazio.
Un altro allarme è quello della rivendita di piante e fiori. Al centro tavola anziché stella di natale vere troveremo quelle di plastica?
Il vivaismo ornamentale ha prodotto pochissime stelle di natale, la pianta per eccellenza, comprata come omaggio quando si va in casa di altri. Le serre sono quasi vuote perché manca il grande consumo. Tra l’altro il settore è colpito anche dai provvedimenti che hanno vietato la vendita di piante e fiori nei mercati durante il fine settimana, perché si possono vendere solo prodotti di prima necessità, anche se di origine agricola come frutta e verdura.