STANDARD URBANISTICO FUORILEGGE
Il parcheggio avrebbe dovuto entrare in funzione 8 anni fa, in virtù di una variante urbanistica rilasciata dal comune di Roma nel 2012 che ha concesso al costruttore romano il diritto di trasformare una parte della Torre Eurosky, che da progetto era destinata ad ospitare solo uffici, anche in appartamenti residenziali. In sostanza, il parcheggio avrebbe dovuto costituire quello che in gergo tecnico si chiama uno ‘standard urbanistico’: esiste difatti per legge un rapporto tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici riservati alle attività collettive.
LA LUNGA LISTA DI MISTERI
Prima il ponte imperiale del II secolo d.C. costruito da Marco Aurelio del II secolo d.C. e la grossa stele di travertino, misteriosamente ‘scomparsi’. Poi il museo del Poggio di Castellaccio, immobile da 5mila metri quadrati, costruito dal Gruppo Parnasi, destinato ad ospitare proprio i reperti archeologici della zona (tra cui il ponte imperiale e la grossa stele di travertino!), ma del tutto ‘dimenticato’. Poi la scuola di via Paride Stefanini, che avrebbe dovuto entrare in funzione 8 anni fa, costruita ma solo parzialmente e mai ultimata e avviata. Ed ora anche il parcheggio da 500 posti auto. Speriamo che qualcuno, presto o tardi, abbiano voglia di fare davvero chiarezza, al Campidolgio e nel IX Municipio.
SUL PONTE IMPERIALE INDAGA LA COMMISSIONE TRASPARENZA
Il 18 settembre si è svolta una seduta della Commissione capitolina Trasparenza interamente dedicata al ‘mistero’ del ponte imperiale ‘scomparso’ all’Eur, vicenda lanciata da il Caffè di Roma a luglio. Molti i presenti, tra cui il presidente Marco Palumbo PD, il vicepresidente Francesco Figliomeni FdI (che ha chiesto la convocazione della seduta). Non si sono presentati gli uffici competenti, anche se convocati, ma solo Rocco Bochicchio, archeologo della Soprintendenza Archeologica di Roma delegato per il IX Municipio. Non la Soprintendente di Roma, Daniela Porro, o i suoi due predecessori: Francesco Prosperetti e Anna Buccellato. In sostanza, secondo Bochicchio il ponte imperiale “non è stato distrutto”, ma interrato “proprio davanti la sede Eni, con una ricostruzione visibile anche in superficie”. Eppure ci sono due documenti che smentiscono clamorosamente Bochicchio. Primo documento: il ‘nulla osta’ della Soprintendenza Archeologica (Prot. n.18432 del 25 giugno 2015), ossia il documento che concede a Parnasi il via libera alla realizzazione dell’edificio in cui ha sede l’Eni, che non fa cenno al ponte interrato, come dovrebbe essere per legge. Secondo documento: il vincolo del Ministero dei Beni Culturali del 2016 che abbraccia (anche) il piazzale dell’Eni e non fa alcun riferimento al ponte interrato, né lo graficizza nella cartina allegata, a differenza di tutti gli altri reperti rinvenuti e interrati in quella stessa zona. Infine, nel piazzale Eni non c’è nemmeno un cartello ad indicare l’importante reperto archeologico. Presto, la Commissione si recherà in loco per tutte le verifiche del caso. L’auspicio del nostro giornale è che, ovunque si trovi, il ponte venga dissotterrato ed esposto – insieme alla grossa stele di travertino – nel vicino Museo del Poggio del Castellaccio, come previsto dall’accordo sottoscritto da Comune di Roma e Gruppo Parnasi e mai applicato. Se il ponte imperiale non è finito in discarica – e nessuno ha nulla da nascondere – questa è l’unica azione rispettosa del reperto e degli stessi cittadini.