Assessore Di Berardino, allora com’è andata questa riapertura?
“Dal nostro punto di vista credo che abbiamo fatto bene ad essere tra le regioni che hanno indicato la riapertura nel 14 settembre, anche se poi abbiamo avuto comuni e istituti che hanno scelto di riaprire una settimana dopo, il 70% però ha riaperto e credo che tutto sia avvenuto in modo ordinato e responsabile grazie al lavoro di presidi, docenti, personale Ata e anche grazie al senso di responsabilità degli alunni. Sono elementi positivi per la ripartenza della scuola dopo un lungo periodo di chiusura. Per noi era molto importante, prima di tutto per dare la possibilità ai ragazzi di rincontrarsi e riaffermare l’importanza della socialità perché la scuola è confronto, è discussione tra i ragazzi, scambio di idee”.
La prima questione è stata la sicurezza, cosa avete previsto?
“Per noi era importante riaprire ma riaprire in sicurezza. Come primo passo, grazie all’impegno forte anche dell’assessorato alla Sanità, è stato possibile mettere in campo test sierologici per il personale scolastico e anche per gli studenti con disabilità. L’abbiamo fatto per rafforzare l’inclusione della scuola, affinché le fasce più deboli siano meglio protette e meglio garantite in una fase di riavvio. Abbiamo poi sposato il vademecum sicurezza scuola-sanità e quindi abbiamo individuato in ogni Asl un gruppo di personale indicato solo per le scuole, in modo tale da dare ai presidi e ai responsabili Covid di ogni istituto un riferimento certo, un punto sicuro a cui rivolgersi in caso di contagio e questo è stato un messaggio positivo e importante anche per i ragazzi e per le famiglie. Certo poi si è intervenuti sul distanziamento e questo è stato il lavoro pratico che è stato fatto grazie a enti proprietari, ai comuni, le province e gli istituti stessi, un lavoro in cui ognuno ha svolto la sua parte”.
Si è discusso sull’opportunità o meno di tenere ragazzi e in alcuni caso bambini, con la mascherina per tante ore, che ne pensa?
“Ognuno deve fare il suo mestiere: nel momento in cui il Comitato Tecnico Scientifico indica alcune soluzioni, credo che vadano rispettate e che bisogna tener conto di quello che dice la scienza. Se quelle indicazioni sono previste, noi per arginare il Covid dobbiamo rispettare le prescrizioni che ci provengono dal mondo scientifico: mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani debbono far parte della vita e della cultura di adulti e più piccoli finché non arriverà il vaccino”.
Tra tamponi e quarantene, faremo anno normale?
“Noi dobbiamo preservarci al meglio, situazioni non sono prevedibili, ma bisogna gestirle nel modo e nelle forme in cui verranno fuori, l’importante è che agiamo ancora di più nello sviluppo della prevenzione”.
Ha paura di un ritorno alla Didattica a distanza?
“Le scuole della Regione sono pronte? Le lezioni in presenza sono troppo importanti, per questo abbiamo deciso di garantire la didattica in classe almeno fino alla terza media, anche con un lavoro che deve proseguire in questi giorni. Per questo abbiamo chiesto riunioni e monitoraggi continui per verificare le singole situazione e bisognerà continuare a lavorare per questo obiettivo. L’altro elemento, per le scuole superiori, è invece la didattica mista. Come è noto ci sono già delle scelte che singoli istituti hanno fatto per mettere la Didattica a distanza uno o due giorni a settimana (pochissimi ha scelto di farla per tre giorni). 1 o 2 giorni, in pochi casi 3 giorni a settimana. Noi come regione avevamo fatto un bando pubblico dedicato alle scuole superiori per fare in modo di mettere in pratica la Ddd e siamo stati pronti a intervenire già 10gg dopo fornendo sostegno economico per far partire le varie piattaforme per le lezioni online. Per le scuole medie e le elementari c’è un intervento diretto del Ministero: in questi mesi un po’ di esperienza è stata fatta, grazie anche al contributo e alla professionalità dei professori, ma l’obiettivo che dobbiamo portare avanti è la didattica in presenza, ovviamente con tutti gli strumenti necessari per la prevenzione e la sicurezza”.
Si è discusso molto sui banchi, la Regione come sta messa, ci sono stati tanti ritardi?
“Intanto bisogna dire che la competenza della distribuzione dei nuovi banchi è del Commissario Arcuri. Vi sono state iniziative importanti da parte della città Metropolitana, di qualche comune e di qualche istituto che hanno acquistato banchi in autonomia ma comunque mancano circa 250mila banchi e aspettiamo questa grossa fornitura che naturalmente abbiamo in varie occasioni sollecitato. La cosa importante è che questo ritardo non abbia impedito la riapertura.
Le foto circolate sui media di una scuola di Amatrice senza gli insegnati?
Lì nel momento in cui era stato nominato il nuovo preside, in assenza di insegnanti immessi in ruolo, si poteva e si può ancora far ricorso a singole chiamate per supplenze brevi. Non entro nel merito delle ordinanze dei singoli sindaci, e anche del Ministero: noi abbiamo sollecitato fin dove era nostra competenza”.
Sul lungo termine invece: didattica a distanza e digitalizzazione sono l’occasione per rifondare la scuola?
“Questa tragedia deve essere l’occasione per ripensare più complessivamente l’intero modello di sviluppo del nostro paese e con molta umiltà ma va detto, anche il modello europeo. È giunto il momento di rimettere al centro la salute e la funzione pubblica, un riequilibrio collegato alla sostenibilità e all’innovazione. Dentro questo disegno più complessivo anche la scuola deve migliore sempre di più, noi dobbiamo passare ad una discussione spesso strumentale e polemica ad una discussione sulla qualità del sistema scolastico: della suola bisogna parlarne sempre, non solo in occasione delle emergenze, e in questo. Per esempio, storicamente la scuola, a prescindere dal covid, arriva ogni anno con il tema degli insegnanti e dei supplenti: ora bisogna interrompere questa questione, acuita con l’emergenza covid, pensando di programmare qualche mese prima quello che succede in occasione della riapertura in modo da garantire che per quella data ognuno sia al suo posto, sarebbe davvero un segnale di efficienza e di sburocratizzazione”.
Come si supera però il digital divide di alcune realtà, soprattutto i piccoli paesi?
“La Regione Lazio si è mossa da tempo su questo programma di digitalizzazione, la banda larga va portata avanti con la programmazione già in essere, e questo era già stato programmato prima del coronavirus. Con l’avvento della pandemia diventa ancora più urgente. Noi ci candidiamo ad essere una regione che sa ben coniugare innovazione, sostenibilità e diritto”.
Lei ha annunciato la ripartenza dei percorsi di formazione professionale, nel Lazio forse bisogna investire di più.
“Le istituzioni formative professionali sono importantissime, tutte, sia le pubbliche che le private, perché svolgono un doppio ruolo: la professionalizzazione di chi le frequenta, la trasmissione quindi di un mestiere pratico per tanti ragazzi e tante ragazze e poi è anche un modo per alcuni di poter rientrare in un circuito formativo e di istruzione che li vedrebbe altrimenti fuori dalla società e dall’educazione scolastica. Per questo nei giorni scorsi ho voluto riaccendere su queste istituzioni un piccolo faro, perché il tema della formazione deve essere rimesso al centro”.
Le Università, in tanti casi, hanno ricominciato con lezioni a distanza. È la fine del modello città universitaria intorno a cui si riqualifica e si sviluppa un quartiere?
“Le nostre università hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo importante e di qualità e soprattutto sono di grande aiuto e sostegno, soprattutto in tema di innovazione e di ricerca. Abbiamo ragionato con tutti i rettori per lanciare un programma di ricerca per dottorandi, finanziato dalla Regione, che aiuti a mettere in collegamento il mondo produttivo con chi esce dall’università e si affaccia nel mondo del lavoro. È il segnale che nonostante questa crisi ci sono le idee e la voglia per ripartire davvero”.