L’annuale rapporto caritas sulla povertà dipinge Roma come una città molto problematica: una persona su 4 in stato di disagio economico. Roma, dal punto di vista delle Politiche sociali, è ferma ad almeno 10 anni fa.
“Oggi abbiamo bisogno di aggiornarci perché ci sono altri tipi di problemi, ci sono prima di tutto le risposte da dare al post pandemia di cui ancora non capiamo bene quali saranno le effettive conseguenze, e poi devo dire che esiste in città un problema drammatico di mancanza di cibo che prima riguardava fasce molto povere della popolazione. Dobbiamo essere in grado di aiutare velocemente chi si trova in questa situazione affinché poi non scivoli nella povertà assoluta. Poi c’è tutto il tema delle nuove povertà che spesso vanno cercate e trovate perché in questi nuovi poveri c’è anche un pudore, una resistenza a chiedere aiuto, e noi dobbiamo essere capaci di intercettare queste persone, dobbiamo essere proattivi, attivarci in collaborazione con tutti i municipi perché il fattore tempo è determinante affinché non vi sia un peggioramento”.
Uno dei problemi da affrontare riguarda i campi rom. A proposito, è la dicitura corretta? perché non è corretto definirli campi nomadi?
“Si chiamano campi Rom sì, perché chi vi abita non è un nomade, ormai è chiaro, conosco dei bambini che sono nati in un campo dove a loro volta erano nati i loro genitori oppure dove i genitori hanno vissuto fin da bambini portati da quelli che ora sono i loro nonni. È necessario e importante aggiornarci anche su questo fronte: io ho parlato con dei rom che avevano paura a mandare i propri figli a scuola perché si ricordavano dello stigma che subirono qualche decennio fa quando erano loro ad andare a scuola, ma oggi tutto è cambiato, i problemi sono altri. Anche per questo abbiamo lanciato un Avviso Pubblico per istituire un tavolo di co-programmazione con il mondo dell’associazionismo da sempre attivo sul campo. Poi se mi chiedono se i campi devono chiudere, è chiaro che rispondo di sì, ma non abbiamo la bacchetta magica e non si può pensare di risolvere una soluzione così complessa dall’oggi al domani”.
Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza Covid invece possiamo dire che ce la stiamo lasciando alle spalle?
“La Regione Lazio e in particolare l’Assessore Amato, hanno fatto un grande lavoro in termini sanitari e di campagna vaccinale. Oggi si sta cercando di fare anche la quarta dose agli ottantenni e ai più fragili e mi sembra che la situazione sia sotto controllo, ma anche se il vaccino è una benedizione, il covid c’è ancora ed è un nemico insidioso. L’impegno del mio assessorato è quello di organizzare campagne che possano sensibilizzare ancora di più e anche raggiungere gli anziani nelle case, nelle Rsa, nei luoghi di ritrovo. Non possiamo negare che siamo un paese di anziani, Roma è una città di anziani e anche l’agenda politica deve aggiornarsi su questo perché dobbiamo fare di tutto, e questo sarà anche il mio impegno, affinché gli anziani vivano una vita dignitosa, affinché, ad esempio, vengano curati, fin dove è possibile, a casa, magari vicino ai loro cari. Ci sono tanti progetti nel Pnrr, ad esempio quello sulla lunga degenza e sulle dimissioni protette, che prima venivano anche portati avanti da alcuni Municipi ma in paniera poco uniforme, oggi vogliamo fare da sala operativa, che dia un’unica direzione alle iniziative già esistenti e ne faccia nascere di nuove”.
Un progetto che le sta particolarmente a cuore e che vorrebbe portare a termine nel suo mandato.
“Difficile fare delle priorità, ma c’è un tema che mi sta a cuore per questa città ed è quello dell’accoglienza dei senza dimora: ne parliamo tanto e spesso solo quando ci sono fatti di cronaca, bisogna fare di più. Roma aveva chiuso i tre quarti dei posti per l’accoglienza e noi ne abbiamo rimessi 500 per l’accoglienza notturna ma lavoriamo a sviluppare l’accoglienza diffusa nei municipi . Allo stesso tempo c’è un tema di salute, anche psichica, su cui intervenire, in collaborazione con le Asl e infine bisogna lavorare per un loro reinserimento”.