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Il Caffè di Roma

Ignorato il vincolo sull’antico manufatto

Ponte imperiale del 177 d.C. ‘scompare’ dalle carte della Soprintendenza e viene demolito

Ponte imperiale del 177 d.C. ‘scompare’ dalle carte della Soprintendenza e viene demolito

È stato abbattuto un ponte risalente al II secolo d.C. costruito dall’imperatore Marco Aurelio su cui scorreva l’antica via Laurentina e che scavalcava il fosso dell’Acqua Acetosa, affluente del Tevere, nonostante fosse tutelato da un vincolo puntuale istituito dalla Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma (DDR 12 gennaio 2016). Era situato nel cuore del quartiere Eur-Torrino, località Decimo-Castellaccio, a ridosso del complesso immobiliare Europarco, a circa 1500 metri di distanza da Tor di Valle (l’area su cui dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma) e dal Tevere, all’interno di un parco pubblico su cui pendono diversi vincoli, ma soprattutto un “altissimo rischio idrogeologico”, così si legge tra le carte, visto che la zona costituisce una“valle alluvionale naturale”. Nei decenni passati il ponte era stato rinforzato tanto da venir attraversato, fino a qualche mese fa, da pedoni, bici, automobili e mezzi pesanti, ma il basamento murario era ancora quello originario.

IL RUOLO DEGLI ENTI
La demolizione del ponte è stata richiesta il 1° dicembre 2017 dalla società BNP Paribas (proprietaria della banca BNL) e autorizzata dalla Regione Lazio il 3 ottobre 2018, coi tre pareri positivi del Campidoglio (Sovrintendenza Capitolina-Servizio Territorio, Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Dipartimento Tutela Ambientale), e il “sì” della Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma oltre al via libera di altri Enti pubblici ‘minori’, ma con la totale estromissione del IX Municipio a guida grillina. Al posto del ponte, dopo l’abbattimento, sarebbe dovuta sorgere una pista ciclabile, ma di essa non c’è alcuna traccia.

UNA STORIA OSCURA
La vicenda è presto detta: il Gruppo bancario BNP Paribas ha chiesto alla Regione di ottenere il collaudo e l’agibilità dei piani seminterrati di alcuni uffici costruiti dal Gruppo edile Parnasi nell’ambito del comprensorio Europarco in zona Eur-Castellaccio (utilizzati dall’Eni) su terreni di sua proprietà, con la previsione inoltre di avviare la costruzione di altre palazzine. Collaudo e agibilità erano bloccati dal grave rischio di allagamento che incombe sull’intera area sottoposta al regime di ‘rischio idraulico 4′ (il livello massimo previsto dalla legge) che va da 0 a 4, poiché considerata di ‘rigurgito del Tevere’. Il declassamento idrogeologico costituisce una procedura amministrativa che richiede molto tempo, lungaggini burocratiche e spese. Gli Enti prima hanno autorizzato la costruzione di tali edifici senza imporre il declassamento idrogeologico dell’area e poi hanno anche concesso all’istituto bancario lo “snellimento delle procedure di mitigazione del rischio idrogeologico” permettendo di eseguire un più veloce e semplice innalzamento di uno degli argini del fosso, anzichè opere ingegneristiche molto più complesse: un intervento possibile solo con l’abbattimento del ponte.

I SILENZI DEL SOPRINTENDENTE
In particolare non comprendiamo il comportamento di Francesco Prosperetti, allora Soprintendete Archeologico di Roma, che nel suo parere del 10/10/2017 impone “sondaggi archeologici” in tutta l’area mentre la settimana esprime “parere positivo al progetto” senza che dei sondaggi che lui stesso aveva richiesto si veda nemmeno l’ombra. Nel parere non c’è alcuna esplicita autorizzazione all’abbattimento del ponte, che non viene proprio citato, edel suo abbattimento. Nel parere viene invece specificato che “per l’area in questione è stata presentata proposta di variante (…) già accolta parzialmente con delibera del Consiglio Regionale”. Tradotto: alla sicurezza idrogeologica dell’area penserà Parnasi nel momento il cui costruirà il nuovo stadio della Roma, ma del ponte ancora nessuna traccia. A novembre 2019 Prosperetti è stato rinviato a giudizio nel processo penale sull’affaire stadio insieme al costruttore Luca Parnasi, al presidente del consiglio comunale di Roma, Marcello De Vito, e ad altri 10 tra politici e tecnici.

CHE FINE HANNO FATTO  I PEZZI DEL PONTE?
Nel documento del 10/10/2017, che cita il vincolo sull’antico ponte, c’è anche la firma della Dott.ssa Anna Buccellato, responsabile del procedimento per la Soprintendenza, che in precedenza aveva anche scritto un interessante articolo su una prestigiosa rivista di archeologia, che parlava proprio di quel ponte. Ma la settimana dopo nel documento che “esprime parere favorevole” al progetto, la sua firma sparisce, come anche sparisce qualsiasi riferimento al ponte. È possibile pensare che del parere del soprintendente non ne sapesse nulla? Ed inoltre ci chiediamo: che fine hanno fatto i pezzi dell’antico ponte imperiale che è stato demolito? È magari stato ‘trasportato’ in qualche collezione privata? Stessa sorte avrà anche il bellissimo ponte sul fosso di Vallerano? La storia dell’abbattimento del ponte imperiale dell’Acquacetosa ci indica comunque tre cose: certi gruppi di potere operano a Roma nel disprezzo della sua bellezza e della sua storia, gli Enti pubblici troppo spesso chiudono un occhio davanti alle lobby e i romani vengono tenuti all’oscuro di tutto.

17 Luglio 2020
Daniele Castri

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