Dal passato continuano a riemergere nuove mine sui conti del Comune. Dopo aver spinto per lo stop alla gestione commissariale dei vecchi debiti municipali, previsto a fine 2021, per la giunta Raggi c’è ora un’altra grana: quella dei cosiddetti debiti ‘fuori bilancio’. Somme che il Comune, tramite il voto dell’assemblea capitolina, deve man mano riconoscere e quindi iscrivere a bilancio assieme a quella massa debitoria che – senza contare il residuo a nove zeri del debito ‘commissariato’, ancora da quantificare – raggiunge complessivamente quota 1 miliardo. E la lista dei creditori continua ad allungarsi. Con un potenziale danno erariale enorme per le casse romane. Ma chi controlla sulla legittimità di quei debiti e sulle responsabilità di politici e funzionari? A chiederlo esplicitamente, in una nota interna datata 19 novembre 2020, era l’Oref, l’organismo di revisione economico finanziaria dell’ente. «Predisporre una struttura ad hoc che vada a verificare l’eventuale responsabilità personale», intimavano i revisori dei conti. Ma di quella commissione d’indagine tecnico-istituzionale ancora non c’è traccia. E così la questione è finita sul tavolo dei magistrati della Procura di Roma e della Corte dei Conti, tramite un esposto depositato dal consigliere capitolino Francesco Figliomeni (FdI).
‘BUBBONE’ CHE CRESCE
La richiesta dei contabili di Roma Capitale ha infatti trovato sponda in aula Giulio Cesare, grazie ad una mozione, presentata dal presidente dell’assemblea Marcello De Vito, votata da maggioranza e opposizione lo scorso 22 dicembre. «Sta accadendo sempre più spesso con la Raggi: è stata completamente ignorata la mozione approvata dall’Aula», dice Figliomeni. Una faccenda esplosiva. Ammonta infatti ad oltre 65 milioni di euro il conto dei debiti fuori bilancio che, solamente da marzo 2019, sono passati al vaglio dei revisori dei conti dell’ente, passaggio obbligatorio prima dell’approdo in consiglio comunale per il riconoscimento.
INTERESSI SU INTERESSI
Tutti casi finiti in tribunale. Ma davanti al giudice – ricordavano i contabili del Comune – il Campidoglio ha registrato «un’elevata percentuale di soccombenza nell’azione legale». Cioè è spesso uscito sconfitto. E non di rado è stato raggiunto da decreti ingiuntivi e pignoramenti. Oltre al fatto che tra la sentenza e il riconoscimento della partita debitoria talvolta passano anni. Ecco che così agli interessi moratori, da corrispondere per il ritardato pagamento delle somme dovute, si aggiungono le spese di giudizio e i relativi interessi, oltre ai sovraccosti per la rivalutazione monetaria. Insomma, debiti che lievitano ulteriormente. E che, a differenza delle ‘passività pregresse’, non sono contabilizzati sul bilancio dell’annualità in cui sono effettivamente maturati, bensì in quello dell’anno in cui vengono riconosciuti, scombinando in corsa i piani e le risorse dell’amministrazione. Ma perché allora, si legge nell’atto approvato a fine anno dai consiglieri capitolini, non ricorrere ad «accordi transattivi» con i privati, senza dover per forza battagliare in cause giudiziarie?
BUCO NEI CONTROLLI
Una valutazione debito per debito la dovrebbe fare proprio quella commissione d’indagine rimasta finora al palo. Che dovrebbe inoltre indagare sulla formazione dei debiti. Ma soprattutto «verificare il danno arrecato all’ente causato dall’eventuale comportamento negligente che ha originato la soccombenza (ndr. e quindi il debito)», sottolineava l’Oref, che di fatto sui debiti fuori bilancio deve fornire un parere solo sulla regolarità contabile. A esprimersi invece sulla responsabilità del danno erariale è la Corte dei Conti. I giudici contabili, però, avviano un’istruttoria sulle singole partite debitorie solo dopo il riconoscimento da parte del consiglio comunale, apprendo successivamente – in caso di violazioni – dei procedimenti per chiedere indietro parte dei soldi a funzionari e politici che hanno bruciato denaro pubblico, in molti casi salvati dalla prescrizione. E, a ben vedere, anche i consiglieri che riconoscono (e trasferiscono nel bilancio comunale) un vecchio debito fuori bilancio illegittimo potrebbero incorrere in un’accusa di danno erariale. Ecco perché, all’interno della macchina amministrativa capitolina, esisterebbe un vero e proprio buco nella vigilanza da attuare prima che i fascicoli finiscano sulla scrivania dei magistrati.
«Il tallone d’Achille di Roma Capitale: l’Ente non rispetta i parametri di legge”
«I debiti fuori bilancio sono il tallone d’Achille di Roma Capitale – ci spiega la consigliera ex stelle, ora al Gruppo Misto, Monica Montella – Al termine dell’esercizio 2019, l’ultima annualità per cui è stato approvato un rendiconto, i debiti fuori bilancio da riconoscere ammontavano a 198 milioni di euro. Tant’è che il parametro di deficitarietà relativo ai debiti fuori bilancio in corso di riconoscimento, riconosciuti e finanziati è stato ampiamente sforato nel biennio 2018-2019: per legge il totale non doveva superare lo 0,60% delle entrate dei primi tre titoli di bilancio, ma il Comune ha raggiunto quota 3,9%».