«Farmacap con questa situazione di liquidità non può andare avanti. Ci sono due strade possibili: il risanamento oppure la liquidazione. Dovete decidere entro 15 giorni». È questo l’ultimatum trasmesso al Campidoglio dal commissario straordinario Marco Susanna, chiamato in audizione nella seduta congiunta delle commissioni Bilancio e Politiche sociali tenutasi il 13 aprile. L’azienda pubblica di Roma Capitale, che in città gestisce 45 farmacie comunali (la più grande d’Italia), dopo anni di galleggiamento sull’orlo della crisi è ora davanti ad un bivio. E la scelta sulla direzione da prendere, a stretto giro per giunta, è in mano all’amministrazione Raggi: rilanciare Farmacap, che in 15 anni, sommando tutte le perdite accumulate in bilancio, ha bruciato circa 33 milioni di euro; oppure virare verso il ‘fine vita’ dell’azienda, ossia la liquidazione. Pista, quest’ultima, già caldeggiata sotto il mandato di Ignazio Marino e che implicherebbe una trasformazione dell’azienda ‘speciale’ in una società di capitali o in una cosiddetta ‘società benefit’. Entrambe le opzioni aprirebbero la strada all’ingresso di capitali privati. Scenario, quello della privatizzazione, più volte allontanato dalla maggioranza grillina, che già due anni fa in assemblea capitolina fece passare una mozione con chiari intenti: Farmacap, che svolge un vero e proprio servizio sociale in molte aree a fallimento di mercato, deve rimanere pubblica. E così l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti ha rassicurato: «Entro fine mese sarà pronto la delibera per salvare l’azienda».
SALVAGENTE DAL CAMPIDOGLIO
La telenovela Farmacap è arrivata a un punto di rottura. I 320 dipendenti rischiano concretamente, il 27 aprile, di non vedersi accreditare lo stipendio. E potrebbero inoltre saltare i pagamenti ai fornitori. Una situazione che si trascina dal 2014, quando, a seguito dell’ennesimo rosso in bilancio, l’azienda capitolina venne commissariata. Da allora si sono succeduti 4 commissari straordinari e 4 direttori generali, ma Farmacap continua a boccheggiare. Dal 2013 i bilanci predisposti dall’azienda non sono mai stati approvati dal Comune. Uno stato di salute già precario acuitosi nell’ultimo anno: a causa di un crollo del fatturato (meno 11 milioni di euro negli ultimi quattro anni), la banca ha ridotto il fido di due milioni. L’intenzione del Campidoglio è quella di iniettare nuova liquidità nelle casse aziendali. «Andremo ad approvare i bilanci mancanti – ha annunciato Lemmetti – e a ricapitalizzare Farmacap tramite il Fondo passività potenziali, finalizzato a ripianare i disavanzi delle società del Comune. In più c’è la possibilità di acquisire a patrimonio comunale 5 immobili di Farmacap, che garantirebbe altra liquidità all’azienda».
IL PROBLEMA DI FONDO
Le cifre dell’operazione non sono ancora note. Ma voci di corridoio sostengono che Lemmetti starebbe pensando solo ad una soluzione tampone, un «finanziamento-ponte» lo ha definito il delegato della giunta Raggi. C’è infatti da approvare un piano di risanamento per rilanciare l’azienda. Anche il bilancio 2020 sarà in perdita, cosi come quelli del 2019 (-5,5 milioni di euro) e del 2018 (-1,7 mln). Bisognerà perciò mettere a punto un piano finanziario che permetta quantomeno di coprire i costi di gestione con il volume d’affari generato. Più facile a dirsi che a farsi: dietro la crisi Farmacap c’è infatti un problema di fondo. «L’azienda – ha spiegato il direttore generale Emiliano Mancini – gestisce farmacie in molte aree della periferia della città in cui un privato non si sognerebbe mai di aprirne una. Con queste condizioni di base immaginare degli utili è quasi impossibile. È dunque necessario mettere in conto una gestione in perdita». Ma servono altri investimenti. Anche perché Farmacap, nel prossimo futuro, dovrebbe aprire altre 11 farmacie per coprire il gap nel fabbisogno cittadino. E su questo fronte si inserisce l’opzione della stampella privata. Ma a quel punto, la necessità di dover capitalizzare degli utili dettata dalla presenza di investimenti privati, andrebbe a scontrarsi con l’«anti-economicità» di diverse farmacie situate nel periferia romana, che rischierebbero così di abbassare le saracinesche.