Il presidente dei costruttori pronto a dare un contributo d’intesa con gli assessorati competenti
“Nel novembre 2019 – dichiara a il Caffè di Roma Nicolò Rebecchini, presidente dell’Acer Roma – la nostra associazione denunciava l’emergenza abitativa a Roma, invitando Comune e Regione a intervenire per dare una risposta alle 57mila famiglie in disagio abitativo. Sono passati tre anni e i nuclei familiari in attesa di un alloggio ERP, che allora erano 12mila, sono diventati 13mila. A fronte di questi numeri allarmanti è stato registrato un incremento esponenziale degli sfratti per morosità, occupazioni abusive e di soluzioni di altissima precarietà. A Roma, l’emergenza casa continua ad essere una delle questioni irrisolte dalla politica. Una questione che nutre, ogni giorno di più, l’insofferenza sociale, specie tra le fasce di popolazione più deboli. Non è rendendo più efficienti dal punto di vista energetico gli edifici del patrimonio abitativo pubblico che si risolve il problema. L’accelerazione data dai bonus edilizi può certamente contribuire a migliorare lo stato dei fabbricati, ma non possiamo considerarli una soluzione. Le tante promesse fatte dalla politica non hanno sortito effetti.
Per sconfiggere l’emergenza abitativa occorrono programmi, progetti, risorse – anche private – e tempistiche serrate. Quindi l’azione da intraprendere deve partire necessariamente da un grande piano di edilizia sociale. Gettando lo sguardo sulla nostra città, appare evidente la mancanza degli spazi a disposizione: troppo pochi rispetto alle richieste. Vanno perciò individuate, con criterio e lungimiranza, aree, fabbricati e fondi da destinare a questa edilizia. Ma non si può temporeggiare: le persone hanno bisogno di tempi certi, adeguati alle loro esigenze. Non è giusto cercare di fare l’inverso, adeguare cioè il presente e il futuro dei cittadini ai tempi troppo lunghi della burocrazia e della politica.
Non si può pensare di affrontare il disagio abitativo con soluzioni temporanee, che forse tamponano un po’ l’emergenza senza offrire risposte a regime. È necessaria un’azione adeguata da parte degli enti competenti che dovrebbero fare scelte più coraggiose e prendere decisioni risolutive a riguardo, lavorando insieme e rimodulando – di comune accordo – progetti di più lungo termine. La legge 167/62 ha rappresentato l’unico vero strumento per rispondere alle esigenze abitative delle fasce più deboli. Dalla fine degli anni Novanta non si è fatto praticamente più niente. Il Piano Regolatore Generale, entrato in vigore nel 2008, non contiene previsioni per l’housing sociale lasciando solo al privato eventuali soluzioni, nell’ambito dei propri programmi. Noi, come sistema di imprese, siamo pronti a dare un contributo d’intesa con gli assessorati competenti”.