Esame superato, ma con più di qualche riserva. È, detto in parole povere, il giudizio complessivo della Corte dei Conti sui bilanci dell’era Raggi. Sotto la lente d’ingrandimento sono finiti i documenti economico-finanziari del Comune di Roma a trazione grillina. Ossia quelli del triennio che va dal 2017 al 2019, l’ultima annualità per cui l’amministrazione capitolina ha approvato un rendiconto di fine anno (per quello del 2020 ci vorrà giugno). E, nella delibera di 137 pagine depositata a viale Mazzini, i magistrati contabili della sezione di controllo per il Lazio rilevano «una sostanziale regolarità» sul fronte del rispetto dei fantomatici paletti sul pareggio di bilancio. Anche se restano alcuni «profili di criticità, in riferimento alla sana gestione finanziaria dell’ente». Da un lato, infatti, il segno ‘più’ sui conti non è in discussione. Dato condito da un aumento degli investimenti per servizi e opere pubbliche. Ma, dall’altro, i fondi sottratti alle casse capitoline per coprire potenziali buchi, generati da contenziosi e crediti difficilmente incassabili, continuano a lievitare. Con un occhio, inoltre, ai vecchi debiti del passato e alla difficile (e opaca) gestione finanziaria delle società partecipate dal Campidoglio.
CRESCE IL TESORETTO
Dalla relazione pubblicata emerge un trend in crescita. È il saldo tra entrate e uscite il parametro su cui è imposto per legge, in base al ‘patto di stabilità’ europeo, il vincolo degli ‘equilibri’ di bilancio. Saldo positivo, rimasto sostanzialmente stabile. Anzi, per la verità ha subito una leggera flessione, dettata però da un aumento di quasi il 20% della spesa per investimenti, salita in totale ad oltre 1,1 miliardi nel 2019. Ma l’indicatore maggiormente esaustivo per valutare lo stato di salute finanziario dell’ente è, in realtà, il cosiddetto ‘risultato di amministrazione’, che tiene infatti in considerazione anche i crediti accertati ma non ancora riscossi (residui attivi) e i vecchi pagamenti che devono essere saldati (residui passivi). Quando nel 2016 Virginia Raggi è salita a Palazzo Senatorio, il Campidoglio a fine anno ha chiuso il proprio bilancio con un risultato d’amministrazione pari a +4,6 miliardi di euro; nel 2019 l’avanzo è cresciuto di oltre un terzo, arrivando a 6,3 miliardi. Questo grazie ad un taglio dei residui passivi e ad un’impennata di quelli attivi: in pratica, circa 1,7 miliardi in più da poter spalmare sui servizi ai cittadini.
MA MANCANO 5,1 MILIARDI
Ma di questi denari, come detto oltre sei miliardi, quanti sono «effettivamente disponibili»? Dal tesoretto che Roma Capitale può spendere ogni anno, sottolineano i giudici, vanno infatti eliminati i soldi che l’ente deve mettere da parte «a fini prudenziali» per una serie di possibili imprevisti più o meno concreti: spese derivanti dalla mole infinita di contenziosi giudiziari in cui l’ente è coinvolto, crediti non più esigibili e disavanzi delle proprie società partecipate. Accantonamenti che, nel triennio considerato, il Campidoglio è stato costretto a rimpinguare ulteriormente. ‘Fondo crediti di dubbia esigibilità’,‘Fondo rischi contenzioso’,‘Fondo perdite società partecipate’, più ‘altri accantonamenti’: il conto arriva a 5,1 miliardi di euro, praticamente la stessa cifra che Roma Capitale stanzia complessivamente per tutti gli altri capitoli di spesa, dagli investimenti agli oneri per il funzionamento della macchina amministrativa. Si tratta, di fatto, di risorse per la città riposte momentaneamente nel cassetto e tolte così dalla disponibilità dell’ente. Fronte particolarmente caldo quello delle partecipate: oltre che sul fondo che il Comune utilizza per ripianare le perdite societarie in base alla quota di controllo detenuta, la Corte dei Conti ha acceso un faro anche sulle «riscontrate carenze nel sistema di controlli» imbastito dal Campidoglio sulle proprie società pubbliche.
La Consigliera Montella critica la Giunta
Recentemente la Corte dei Conti ha setacciato la gestione dei bilanci del Comune di Roma per gli anni 2017 – 2019. Pur considerando “un miglioramento effettivo nel disavanzo di amministrazione” i giudici hanno però fatto notare alcuni punti critici. Tra cui il fatto che i ritardi nell’approvazione dei bilanci delle partecipate hanno inficiato la loro governance stessa.
La consigliera Monica Montella, ex M5S, ci dice a riguardo: “L’approvazione del bilancio di esercizio rappresenta un adempimento fondamentale nella vita societaria, ma a Roma tutto è inficiato dalla grave anomalia nei ritardi nell’approvazione dei bilanci da parte di numerose società e organismi partecipati dall’Ente. L’assessorato al bilancio soltanto dal 1 aprile 2020 ha ritenuto opportuno costituire un Gruppo di lavoro interdisciplinare mentre fin dal 2015 avrebbe dovuto implementare il sistema informativo per il controllo degli organismi partecipati”. Un altro punto critico è il controllo di Roma Capitale sulle partecipate. A riguardo spiega ancora la Consigliera:
“Il ritardo nella implementazione del sistema informativo finalizzato a rilevare i flussi finanziari tra l’Ente e gli Organismi partecipati ha reso, di fatto, non allora realizzabile una ricostruzione dei relativi rapporti di debito/credito nonostante la presenza di chi avrebbe dovuto vigilare e non l’ha fatto”.
Giuseppe Vatinno