Un altro ostacolo per l’Acquario di Roma. Il Consiglio d’Amministrazione dell’Eur SpA ha infatti fatto sapere, dopo un anno di trattativa, che il Piano Economico Finanziario iniziale di Mare Nostrum (approvato e vidimato dalla Banca Nazionale del Lavoro) e compreso nella Convenzione che permette alla stessa Mare Nostrum Srl di usufruire degli spazi sotto al laghetto con la finalità della realizzazione dell’Acquario di Roma, non sarà adeguato. Dall’altra parte c’è la grande occasione del Recovery Fund, con i fondi che l’Europa destina a progetti da avviare ma soprattutto a progetti da completare. Ne abbiamo parlato con l’Amministratore Delegato della Mare Nostrum, l’Ing. Domenico Ricciardi, che al sogno dell’Acquario ha dedicato gran parte della sua vita.
Ing. Ricciardi ci eravamo lasciati, a inizio 2021, con delle previsioni ottimiste sulla possibile apertura dell’Acquario, cosa è successo?
“Vorrei precisare che l’opera è praticamente finita e che manca davvero una piccola cifra rispetto al grande investimento che gruppi privati hanno fatto in questi anni. A fronte di questo ulteriore impiego di capitali, noi abbiamo richiesto all’Eur di concederci una proroga della Convenzione che era già molto cautelativa, visto che prevedeva solo 30 anni e inoltre dall’inizio dei lavori (2006), considerando che il cosiddetto “diritto alla superficie”, fondamentale per accedere ai mutui bancari, ci è stato dato solo nel 2018. Ma abbiamo ricevuto dall’ente una risposta negativa: lo trovo incomprensibile, considerando che i ritardi nella conclusione dei lavori non sono imputabili a noi e considerando anche che per l’adiacente parcheggio (700 posti funzionanti), che abbiamo costruito in vista dell’apertura dell’Acquario, il Comune di Roma ci ha concesso 99 anni”.
Quali motivazioni ha dato l’Eur a fronte di questo diniego?
“Io preferisco non concentrarmi sui motivi di un no, anche perché è la stessa legge a prevedere il riconoscimento all’adeguamento del Piano Economico Finanziario su cui è stato definito l’atto concessorio per le imprese e faremo di tutto per farci riconoscere questo diritto dal Tribunale. Quello che però mi preme dire è un’altra cosa: davanti a noi si apre lo scenario del Recovery Fund che è stato pensato per avviare e rilanciare progetti in grado di incidere sul PIL del nostro paese, perché non inserire l’Acquario in questo filone, visto che ha tutte le carte in regola, essendo un’opera realizzata con fondi privati, quindi senza alcun esborso da parte dei cittadini, ma di chiaro interesse pubblico?”
In che modo si potrebbero sfruttare i fondi europei?
“Bisogna fare una piccola premessa, Roma ha bisogno di progetti ambiziosi, capace di restituirle la centralità che merita, a partire dal Mediterraneo “Culla della civiltà”. L’Acquario porterà realisticamente 1 milione e mezzo di visitatori l’anno e poi sarà un centro di eccellenza, ci sarà spazio per mostre e per visite scolastiche, per lo sviluppo la robotica, del 4D e della realtà virtuale e aumentata per renderlo fruibile davvero a tutti, senza alcuna barriera. Sarà, oltre allo svago, un centro di divulgazione scientifica: abbiamo già formalizzato collaborazioni con Università e Enti di ricerca. E poi l’Acquario è davvero un esempio virtuoso del coinvolgimento tra pubblico e privato: se si ostacola un’opera del genere, come si potrà poi chiedere ai privati di collaborare al finanziamento con la partecipazione alla realizzazione delle necessarie opere pubbliche indispensabili alla ripresa di Roma, come prevede il PNRR?”