Pochi giorni fa al San Camillo, dove sarebbe dovuto partire un laboratorio con 300 test anti Covid al giorno, c’è stato un sabotaggio degli elaboratori elettronici.
“Guardi, innanzitutto voglio esprimere forte condanna per il vile atto vandalico ma non arretriamo di un centimetro. All’indomani dell’accaduto, come azienda ospedaliera, ci siamo immediatamente attivati, sporgendo denuncia all’autorità giudiziaria e richiedendo alla ditta fornitrice dei macchinari sostitutivi: un nuovo pc con i programmi relativi allo strumento e il supporto di tecnico per riavviare il collegamento e la calibrazione della strumentazione. Ricordo che il macchinario a cui è stato sottratto il sistema operativo è stato utilizzato fino al 27 marzo. Posso dire, dunque, che abbiamo lavorato costantemente con la ditta per decrementare al massimo i tempi di ripristino e il laboratorio ha aperto lunedi 6 aprile”.
San Camillo e Coronavirus, come è stato riorganizzato il vostro ospedale?
“Dunque, alla fine di marzo abbiamo avviato i primi reparti destinati a pazienti Covid 19: 35 posti letto ordinari e una terapia intensiva di 10 posti. Finora il San Camillo aveva avuto un ruolo di Hub per le altre reti ma l’attuale contesto sanitario ha portato necessità di posti letto: abbiamo dato la nostra disponibilità e in pochi giorni abbiamo organizzato un padiglione autonomo, con percorsi dedicati, annullando qualsiasi possibilità di incrocio tra pazienti Covid e no Covid. E non solo: all’interno del nostro presidio abbiamo l’opportunità di sviluppare eventualmente altre aree dell’ospedale da dedicare al ricovero per Coronavirus. Tuttavia è necessario attendere di verificare l’andamento della pandemia e capire se ce ne sarà bisogno. E, poi, come detto, c’è il laboratorio per effettuare l’attività diagnostica sui tamponi, in prima istanza per coprire le esigenze nostre e dell’Ares 118, poi in un secondo momento potremo ulteriormente sviluppare il nostro potere diagnostico e prendere campioni da altre aziende”.
In questo momento la solidarietà dei cittadini è fondamentale.
“La catena della solidarietà è partita e anche l’ospedale San Camillo è stato ed è oggetto di donazioni da parte di privati cittadini e storiche associazioni, come Assotutela, con cui in passato abbiamo messo in campo iniziative benefiche. In ottica emergenza Covid, il ricavato delle donazioni sarà investito per potenziare tutte quelle tecnologie e quelle strumentazioni necessarie alla gestione respiratoria del paziente. Inoltre, abbiamo avuto donazioni di dispositivi di protezione individuale come mascherine e tute per gli operatori sanitari, già a disposizione della struttura. Non c’è stata solo una solidarietà, fatta di beni materiali o denaro, ma anche una solidarietà nei gesti e per questo, ad esempio, mi preme ringraziare i numerosi cittadini che, in alcune giornate particolari, quando chiamati all’appello, hanno risposto alla grande, donando sangue in misura doppia rispetto al solito e riuscendo così a ripristinare quelle scorte di sangue, necessarie alla funzionalità del nostro ospedale”.
La sua struttura è una delle più grandi ed efficienti della Regione. Da quando è al timone, cosa è cambiato nella gestione del paziente, reparti e servizi?
“Posso dire che in questi tre anni e oltre, di lavoro ne abbiamo fatto tanto: io, la direzione e tutti i professionisti dell’azienda. Un lavoro fondato su concrete iniziative di riorganizzazione e revisione della nostra struttura assistenziale. Azioni che poi si sono concretizzate in due indici, a mio giudizio, che qualificano il fatto di avere imboccato una effettiva strada di miglioramento. Le prestazioni, cioè i servizi resi ai cittadini, sono aumentati sia in termini di qualità che di quantità. Al contempo, ci tengo a sottolinearlo, c’è stata una significativa riduzione della perdita di esercizio di bilancio, a testimonianza del fatto che anche attività di efficientamento sono state avviate e hanno avuto degli effetti positivi. Certamente non è la fine di un lavoro ma l’avvio di un percorso che con impegno e dedizione sarà portato avanti anche nei prossimi anni”.
È un momento particolare per la sanità del Lazio, in uscita dal commissariamento. Si comincia ad assumere. Qual è il fabbisogno del San Camillo?
“Certamente c’è bisogno di nuovo personale perché il San Camillo – così come le altre strutture del ssr -, in questi dieci anni di piano di rientro ha chiaramente sofferto il mancato turnover del personale uscente. Oggi, a mio giudizio, la valutazione del fabbisogno del personale dovrà avvenire nella logica di definire le dotazioni di personale in modo congruo e coerente con la programmazione di nuovi servizi che le aziende e la Regione hanno in programma di mettere in atto. Ricordo che già dall’anno scorso le assunzioni sono iniziate ad essere ingenti, anche per compensare le diverse centinaia di professionisti che nel tempo si sono perse per pensionamento. Così come diversi sono stati i concorsi pubblici. Penso che abbiamo gli strumenti necessari per avviare consistenti campagne di arruolamento, sempre nella logica di una sostenibilità di sistema: superare i vincoli economici nuovamente vorrebbe dire rientrare nei paletti del piano di rientro e tornare in una stagione che tutti noi abbiamo contestato e sofferto. In termini di assunzioni, in questa emergenza di Coronavirus, consistenti sono stati gli ingressi di personale finalizzati alle nuove attività, implementate in queste settimane proprio per fronteggiare la diffusione del virus”.
Una domanda sul Forlanini: si è parlato molto della storica struttura come opportunità per creare reparti di terapia intensiva Covid. Cosa ne pensa?
“Questo è inopportuno che avvenga perché, laddove si devono mettere in campo interventi di investimento consistenti come quelli che sarebbero stati necessari in questo momento per il Forlanini, bisogna avere chiari due parametri di riferimento. Primo: stante l’intervento finalizzato alla emergenza, la tempestività sarebbe dovuta essere fondamentale. Cosa che non può essere per il Forlanini, essendo un manufatto storico e di fatto non più attuale per l’accoglimento di attività sanitarie: dunque la realizzazione di reparti ad alta tecnologia ed elevato impatto impiantistico, come le terapie intensive nella emergenza Covid, in quel luogo non è stata ipotizzabile. Per intenderci: è molto più facile e veloce costruire una terapia intensiva in un hangar vuoto che in un manufatto storico. Inoltre, bisogna aggiungere che qualsiasi forma di grande investimento sanitario deve essere fatto sì nella logica di affrontare efficacemente l’emergenza del momento, ma deve essere anche utile al sistema in prospettiva futura: in questo, ho accolto con grande soddisfazione l’intervento fatto dal collegio di direzione di questa azienda ospedaliera che, proprio quando era più viva la riflessione sul Forlanini, ha sollecitato politica e Regione a concentrarsi su strutture già attive e operative, come il San Camillo piuttosto che fare operazioni che loro hanno definito “di nostalgia” rispetto ad esempio al Forlanini, che sarà chiamato a svolgere altro nel prossimo futuro”.
Coronavirus, cosa si sente di dire ai tanti operatori sanitari in prima linea? Ne usciremo presto secondo lei?
“La cosa che mi preme dire, da dg e da semplice cittadino, è un grazie di cuore per lo sforzo e la dedizione che i nostri professionisti stanno producendo in queste settimane. Allo stato attuale nessuno può dire in che tempi e in che modi, ma certamente ne usciremo migliori, perché più forti e perché, come sistema e come competenze, saremo riusciti a gestire una emergenza che nessuno mai avrebbe potuto immaginare”.