DA CESANO A ROMA
L’impianto industriale – composto da tre enormi filtri verdi – si trova nell’estrema periferia nord di Roma, nel XV Municipio, frazione di Cesano. È stato realizzato dalla società G.T.A. – Gestione e Trattamento Acque – di Albano Laziale ed è costato più di 5 milioni di euro, per la precisione 5.099.740,73 euro. Il cantiere è ultimato da qualche giorno, ma la struttura non è stata ancora collaudata né tantomeno avviata. L’impianto è situato proprio a ridosso del depuratore denominato Acea-Cobis in cui scaricano le fogne dei comuni di Bracciano, Anguillara Sabazia, Trevignano Romano, Manziana, Oriolo Romano e Cesano. In sostanza, l’Acea prenderà tutti i liquami in uscita dal vecchio depuratore, li tratterà con un ulteriore processo di chiarificazione che verrà svolto dal nuovo impianto idrico, e infine li ‘spedirà’ a Roma utilizzando lo storico acquedotto Paolo.
CERIMONIA ‘TOP SECRET’
Nonostante si tratti di un impianto strategico per il futuro dell’Urbe, l’Acea non ha invitato alla cerimonia cittadini, né tantomeno la stampa. Sui siti internet di Acea e del Campidoglio non è stato pubblicato nemmeno un comunicato stampa. L’intera presentazione si è svolta a porte chiuse. Acea ha preferito invitare all’evento solo un ristretto manipolo di dirigenti di: Comune di Roma, Città Metropolitana, Regione, Ministero dell’Ambiente, Autorità di Bacino del Tevere, Arpa e Asl Roma 2. A fare gli onori di casa non c’era l’Amministratore Delegato di Acea, Stefano Donnarumma, che pure era atteso da tecnici ed operai, ma solo l’ingegner Lucio Bignami. Assente anche la sindaca, Virginia Raggi, e tutto il resto della Giunta.
ARRONE A SECCO
L’imbarazzo di Acea e del Campidoglio ha un fondamento. C’è un ulteriore aspetto che potrebbe seguire all’avvio di questo nuovo impianto idrico per acqua non potabile, ovvero il prosciugamento del fiume Arrone. Un importante corso d’acqua lungo 35 km che nasce dal lago di Bracciano e sfocia nel Tirreno, tra Maccarese e Fregene. Dal 1990, l’Arrone ha perso la sua sorgente principale, ossia il lago di Bracciano, utilizzato per lungo tempo come riserva idrica del bacino Ato 2, che ricomprende Roma e provincia. Il lago di Bracciano langue ancora oggi un metro sotto lo zero idrometrico, ossia il livello del proprio emissario. Dal 1990 l’acqua in uscita dal depuratore Cobis è divenuta quindi l’unica fonte di sostentamento idrico rilevante che ha evitato il prosciugamento del fiume. Togliergli l’acqua del depuratore Cobis significa porre fine alla vita dell’Arrone, classificato dalla Regione Lazio come ciprinicolo, ovvero corso d’acqua in cui vivono pesci di rilevante valore della famiglia dei ciprinidi (ad esempio carpa, tinca, cefalo, luccio, etc.). 141 AZIENDE IN GINOCCHIO Il prosciugamento dell’Arrone potrebbe provocare conseguenze drammatiche non solo a livello ambientale, ma anche sull’agricoltura che si è sviluppata lungo i suoi argini e che vi attinge con regolari concessioni. In particolare, potrebbero chiudere i battenti 141 aziende agricole che operano su circa 1000 ettari di campi agricoli. “In estate – ha sostenuto il Consorzio di Bonifica Tevere e Agro Romano, in una lettera inviata ad Acea, Comune di Roma e Regione Lazio nel 2018 – dal fiume Arrone vengono prelevati in media 200 litri di acqua al secondo per 6/8 ore al giorno. Per cui nel caso in cui non fosse più possibile, a seguito del mancato apporto dello scarico del depuratore Cobis, bisognerà avvisare i 141 utenti irrigui che non si potrà garantire il servizio per l’anno 2020 ed eventualmente anche per i successivi. L’Arrone già subisce nel periodo estivo anche il prelievo di circa 400 litri al secondo per l’irrigazione di soccorso delle utenze (…) in zona Quarto del Cecio a Cerveteri”.
IL ‘POTABILIZZATORE’ DEL TEVERE
La segretezza sembra essere un copione particolarmente caro all’Acea, non solo nel settore acqua non potabile, ma anche in quello dell’acqua potabile. Lo stesso schema della cerimonia inaugurale segreta era già stato utilizzato il 12 dicembre 2018, giorno un cui la sindaca Raggi e l’Amministratore Donnarumma hanno inaugurato il ‘potabilizzatore’ del Tevere. L’impianto industriale situato su un’ansa del fiume Tevere, località Grottarossa, a cui la municipalizzata dell’acqua di Roma ha affidato un compito che alcuni tecnici da noi interpellati reputano impossibile: succhiare 500 litri di acqua al secondo da uno dei fiumi più inquinati d’Italia, liberarla da idrocarburi, metalli pesanti e microplastiche che vi galleggiano dentro e poi immetterla in rete, pronta per essere distribuita come acqua potabile nei rubinetti del bacino Ato 2. Il cantiere è ultimato da dicembre 2018, ma il ‘potabilizzatore’ non è ancora entrato in funzione. Sono molte difatti le problematiche igienico-sanitarie connesse all’avvio di tale impianto, visto che la scienza non ha ancora partorito filtri industriali in grado di liberare l’acqua da metalli pesanti, idrocarburi e microplastiche. Dubbi che sono anche quelli del Garante idrico del Lazio che per due volte ha convocato Acea. E per due volte Acea non si è presentata.
L’AREA DI INFLUENZA
Prima che il ‘potabilizzatore’ entri in funzione, la Giunta Zingaretti-bis dovrà tra l’altro varare una delibera con cui dare il via alla prima ‘area di influenza’ regionale. Vale a dire permettere all’Acea di succhiare acqua da un fiume in cui finiscono anche reflui industriali per distribuirla a fini potabili, cosa che nella nostra regione non è legale. Quando lo farà? Nessuno ancora lo sa.