Si gioca tutta sul valore del nome proprio, simbolo per eccellenza dell’unicità e della preziosità di ogni vita umana, l’iniziativa artistica di Fabio Saccomani, che in occasione della giornata mondiale dei diritti umani, il 10 dicembre, ha avviato la realizzazione di un’opera d’arte di denuncia alle leggi europee sulle migrazioni intitolata (S)ink. L’opera sarà costituita dai nomi dei 36.570 migranti morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo ed arrivare in Europa a partire dal 1993 fino ad oggi, il cui elenco verrà scritto lungo il tratto pedonale di via del Pigneto, e occuperà una superficie di circa 500 metri nel cuore dell’isola pedonale dello storico quartiere romano. Il lavoro verrà ultimato il 20 giugno del 2020, in occasione della giornata mondiale del rifugiato. La trascrizione dei nomi verrà realizzata usando una particolare resina idrorepellente, che rimane invisibile quando la superficie è asciutta, e rivela quanto trascritto solo se bagnata. I nomi delle vittime del mare diverranno visibili solo nelle giornate di pioggia, e in questo modo proprio l’acqua che le sommerse grazie a quest’opera le farà riemergere dall’anonimato. (S)ink è un progetto realizzato nell’ambito della Biennale MArteLive 2019, all’interno del Progetto Speciale Street Art for Rights, curato da Oriana Rizzuto e Giuseppe Casa, prodotto da Scuderie MArteLive in collaborazione con “RomaBPA Mamma Roma e i suoi figli migliori”, ed è inoltre stato patrocinato dal V Municipio del Comune di Roma. «All’opera ho dato il nome “(S)ink”, che in inglese significa affondare – spiega l’artista Fabio Saccomani – ma gioca anche con il termine “Ink”, che significa inchiostro, e sottolinea l’importanza di usare questa particolare resina, che renderà i nomi delle vittime visibili solo nei giorni di pioggia. Non volevo creare un monumento funebre che fosse pacificatorio, che cristallizzasse e ipostatizzasse il passato, perché quest’opera denuncia qualcosa che sta avvenendo ancora oggi. La lista che trascriveremo è stata aggiornata ad aprile 2019, ma continuerà a crescere, e il 20 giugno purtroppo dovremo con ogni probabilità ampliarla. Mentre un monumento funebre tende a mettere una pietra sopra a un passato, questa vuole essere un’opera che fa i conti con un presente. L’idea era quella di giocare con la visibilità e l’invisibilità dei nomi, che rispecchia quella delle persone, che molto spesso sono visibili solo nell’atto del loro morire, per poi diventare invisibili per sempre. Volevo creare un monumento capace di tacere come di parlare, in grado di far sentire lo spettatore soverchiato da qualcosa di più grande di lui, che possa farlo riflettere sul fatto che stava camminando su una distesa di morti, senza che se ne rendesse conto». «Ci tengo infine – ha spiegato ancora l’artista – a far presente con forza che, anche se il monumento gioca molto sull’elemento dell’acqua, che ha dato la morte alla maggioranza di queste persone e ora farà riemergere almeno i loro nomi, tuttavia queste morti non possono essere imputate all’acqua. I veri responsabili di questa tragedia sono l’Europa e i singoli stati con le loro scelte politiche insufficienti. Oggi assistiamo a una grande rimozione collettiva di questo dramma, e quest’opera vuole denunciarlo». La lista dei nomi delle vittime è stata stilata da United for Intercultural Action, un network di oltre 550 organizzazioni che si occupano del tema delle migrazioni e dei diritti umani. A far scattare a Saccomani la molla dell’ispirazione per realizzare quest’opera è stata la foto che scosse il mondo nel 2015, del corpicino senza vita di Alan Kurdi, bambino siriano di 3 anni di etnia curda, affogato durante il tentativo di fuggire dalla guerra che rendeva invivibile il suo paese. «Era uguale a mio nipote Roberto quando dorme – ha detto Saccomani – quell’immagine mi ha colpito, mi ha fatto male. E quando ho visto sul Manifesto la lista dei migranti morti, ho deciso che questi nomi dovevano essere monumentalizzati».
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