Senatore ci racconta la genesi del disegno di legge sulla lite temeraria?
“È da tantissimo tempo che in Italia esiste questo fenomeno delle “querele temerarie” nei confronti della stampa, con richieste di somme spropositate di risarcimento danni che arrivano anche a milioni di euro. Generalmente tali richieste vengono da politici o imprenditori e sono richieste pretestuose e infondate che puntualmente finiscono nel vuoto”.
Qual è il loro scopo se conducono ad un nulla di fatto?
“La loro finalità non è altro che quella di intimidire il giornale o il giornalista e quindi di mettere il bavaglio alla stampa. Le richieste sono talmente esorbitanti che bloccano sia il giornalista che l’editore, a meno che non parliamo di grandi gruppi editoriali, e lo scoraggiano dal proseguire nella sua attività. E questo succede perché querelare non costa nulla, è un’iniziativa che tutti possono intraprendere perché è a costo zero e produce subito degli effetti positivi per chi la porta avanti”.
Il disegno di legge che state discutendo in Commissione Giustizia quindi a cosa serve?
“Fermo restando che ogni cittadino ha il diritto di conservare la propria onorabilità, e quindi a decidere o meno se querelare una testata giornalistica o un giornalista per diffamazione, questa norma stabilisce che se il giudice si trova davanti a querele portate avanti in malafede, palesemente infondate e quindi temerarie, condannerà chi ne è responsabile a pagare un risarcimento danni non inferiore ad un quarto della somma richiesta. Naturalmente tutto ciò avviene nel caso in cui venga dimostrata la temerarietà della querela e anche la sua sproporzione”. Sen. De Nicola perché il 25%? Non è ancora una cifra bassa? “Certamente il 25% non era la cifra che avevamo proposto inizialmente, per me il risarcimento danno doveva essere non inferiore al 50%, poi però con una soglia del genere abbiamo capito che sarebbe stato difficile far passare il provvedimento in Commissione, soprattutto per l’opposizione del Partito Democratico. Abbiamo quindi cercato un compromesso e siamo arrivati alla soglia al 25%. Ritengo comunque che sia un accordo accettabile, perché introduce nell’ordinamento una norma che blocca il fenomeno delle liti temerarie in una situazione, come quella italiana, in cui querelare la stampa è diventato un vero e proprio malcostume. E poi, in un momento di crisi economica di tutto il settore, queste querele anche di 20 o 30 mila euro, rischiano davvero di far chiudere una testata o comunque di procurare paura e quindi di limitare la libertà di stampa sancita dalla nostra Costituzione”.
Come si dimostra la temerarietà di una querela?
“La querela deve essere infondata e condotta in malafede: se un giornalista riporta correttamente un fatto di cronaca e si dimostra che la notizia è vera e fondata, non si può procedere con una querela e chi lo fa è giusto che paghi”.
Il risarcimento a cui è condannato chi è giudicato colpevole di querela temeraria è sempre del 25%?
“No, quella è una base minima sotto la quale il giudice non può scendere: sta alla sua libertà decidere di chiedere da un minimo del 25% fino al 100%. A quel punto tutti sanno che non si possono intentare temerariamente querele per diffamazione a costo zero”.
Con questa norma si aiuta il giornalismo libero e, in genere, una categoria in crisi?
“Guardi, qui non si tratta di aiutare una categoria, si tratta semplicemente di fissare una norma di buon senso per fermare una degenerazione e un abuso delle querele e delle citazioni per diffamazione. Un politico o un imprenditore che si trova davanti ad una notizia a suo carico che è vera e che in qualche modo lo danneggia, non ha nessun deterrente a non citare in giudizio chi ha scritto un articolo o realizzato un sevizio visto che non costa nulla. Anche solo un comunicato stampa con scritto che quel politico o quell’imprenditore, in malafede, farà causa alla testata giornalistica, magari per una cifra spropositata, come 10 milioni di euro, inquina la veridicità dei fatti e induce anche i lettori, i telespettatori o gli ascoltatori, ad avere un messaggio distorto e a mettere in dubbio l’operato del giornalista. Le querele temerarie danneggiano il giornalista, il giornale e il suo editore, che si sentono a rischio e decidono magari di non pubblicare o mandare in onda un servizio, ma danneggiano fortemente anche il diritto di ogni cittadino ad avere un’informazione vera, precisa e corretta”.
Che tempistica prevede?
“L’iter si è un po’ allungato a causa dei lavori per la Manovra fiscale, visto che prevedevamo di licenziare il testo in Commissione Giustizia del Senato già prima di Natale. Però sono molto fiducioso, visto che abbiamo raggiunto un accordo con i colleghi della maggioranza, e mi hanno assicurato che, alla ripresa dei lavori della commissione, a gennaio, questo sarà il primo testo ad essere licenziato e mandato in Aula per il voto. Poi certo bisognerà aspettare tutto l’iter, il passaggio alla Camera dei Deputati e le eventuali modifiche che potranno essere apportate, ma mi sento di dire che il testo diventerà legge già nei prossimi mesi visto che c’è la volontà dei partiti della maggioranza ad approvare questa norma. Sarebbe davvero un fatto storico, considerando che sono molte legislature che si tenta di portare a casa questa legge ma puntualmente ci si imbatte nel blocco di quei politici che hanno un atteggiamento verso la stampa molto ostile e abbastanza intimidatorio”.