L’ARREMBAGGIO AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
I politici stanno tentando di ‘occupare’ i Tribunali Amministrativi Regionali e in particolare quello di Roma, il più grande e influente d’Italia con 64 magistrati in servizio e 11 sezioni attive. Il Tribunale Amministrativo di Roma è l’unica struttura giudiziaria regionale su cui gravano competenze anche nazionali, azzoppata da una carenza di organico pari al 30%, ovvero 18 magistrati in meno del necessario, ma anche dalla mancanza di personale amministrativo, mezzi e risorse.
QUEL CONCORSO CHE FAVORISCE I POLITICI
Il 9 novembre scorso si è concluso il nuovo concorso che rischia di trasformare molti politici – ovvero consiglieri comunali, provinciali e regionali – in giudici del Tar. Alcuni dei vincitori del concorso potrebbero finire proprio nelle aule romane, dal momento che la struttura giudiziaria della Capitale è quella con maggiore carenza di organico. Il bando è stato pubblicato l’11 settembre, ma predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 12 agosto. I Tar, difatti, a differenza dei Tribunali Civili e Penali, non sono guidati dal ministro della Giustizia, ma dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Il bando è stato firmato dall’ex sottosegretario alla Presidenza, nonché fedelissimo di Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti (Lega). Dal 5 settembre, con la nascita del Conte bis, il posto di Giorgetti è stato assegnato a Riccardo Fraccaro (M5S). Abbiamo provato a coinvolgere il sottosegretario Riccardo Fraccaro, ma non ha risposto alle domande che gli abbiamo inviato.
LA STRANA DELIBERA
L’unico a metterci la faccia è stato il dottor Griffi il quale sostiene (come si legge nel box che contiene le sue risposte), che i criteri per l’accesso ai bandi di concorso al Tar del Lazio sono sempre gli stessi, disciplinati dalla legge istitutiva del Tar del Lazio del 1974. A ben vedere, però, ai fini dell’assegnazione delle ambite poltrone da togato amministrativo, i due punti in più, concessi dal recente bando ai politici per ogni mandato politico completato, verranno assegnati – così sostiene lo stesso dottor Griffi – in base ad una delibera del 2017 approvata dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (o CPGA), l’Organo di autogoverno della magistratura amministrativa. In sostanza, questa delibera introduce un principio ‘malsano’: ossia che più è lunga e consolidata la carriera politica che l’aspirante magistrato ha alle spalle, più quest’ultimo è premiato dal bando ai fini della vittoria. Questa delibera va nella direzione opposta rispetto a quella indicata dalla Corte Costituzionale, massimo Organo giudiziario italiano, che ha vietato ai magistrati la possibilità di iscriversi o anche solo partecipare stabilmente all’attività politica dei partiti, per non rischiare di minare l’immagine di imparzialità e terzietà del giudice, pena l’illecito disciplinare. L’aiutino extra a favore dei politici, introdotto nel 2017 dalla Presidenza della Giustizia Amministrativa, va in direzione opposta anche rispetto alla riforma della Giustizia tanto voluta dal Ministro Alfonso Bonafede, che punta a marcare una netta separazione tra politica e magistratura.
…E ANCORA ALTRE ‘STRANEZZE’
Ma non è tutto. Nello stesso bando di settembre 2019, non c’è più traccia nemmeno del limite dei 45 anni per gli aspiranti nuovi giudici del Tar: limite invece previsto nella legge istitutiva del Tar del 1974, dove non si fa cenno nemmeno ad un altro aiuto extra (non da poco) previsto nell’articolo 6 del bando, che è stato invece introdotto, sempre a favore dei politici : tutti “i requisiti di ammissione al concorso – si legge nelle carte – devono essere posseduti dai candidati alla scadenza del termine utile per la presentazione della domanda (ossia il 9 novembre scorso, ndr)”; un obbligo che vale per tutti i candidati, ma non per i candidati-politici. Anche se i politici sono al loro primo mandato, e questo primo mandato non è concluso ma ancora in corso, potranno comunque partecipare al concorso. Chi ha preso questa decisione e l’ha inserita nel bando di concorso? Non è dato saperlo.