DE VITO CITA TORTORA
È il 21 novembre, otto mesi dopo l’arresto, tre giorni dalla revoca dei domiciliari. Elegante, sollevato De Vito pronuncia le sue prime parole in aula: “Dunque, dove eravamo rimasti”, formulate in latino “Heri dicebamus”. Parole prese in prestito da Enzo Tortora al rientro dalla sua odissea giudiziaria, tanto per ribadire l’abbaglio di piazzale Clodio.
L’OPPOSIZIONE: “RIFLETTA BENE”
Le opposizioni, da sempre più garantiste, fanno sentire flebilmente la loro voce: “Rifletta sull’opportunità della sua permanenza alla guida dell’Aula”, è la voce che rimbalza. “Dobbiamo valutare per le dimissioni”, dice il consigliere Davide Bordoni, FI. Alzano appena i toni solo il capogruppo del Pd Giulio Pelonzi e di Fdi Andrea De Priamo: “Non ne facciamo una questione personale. Rappresenta la Capitale è giusto che lasci. È tuttora sotto processo per corruzione”.
STEFÀNO: “LA LEGGE LO CONSENTE, MA C’È ANCHE UNA QUESTIONE ETICA”
A sollevare la polemica ci pensa tra gli interni il consigliere 5stelle Enrico Stefàno, che per mesi lo ha sostituito alla presidenza dell’assemblea capitolina, fino alla decisione a luglio di dimettersi, visto che con De Vito formalmente in carica non aveva poteri. “Purtroppo”, ha premesso in aula e poi in un lungo post, “ho il difetto di essere coerente e di dire sempre quello che penso, finora non mi ha portato molta gloria, pazienza”. “Dal punto di vista umano non posso essere che contento per Marcello ed essere vicino a lui, felice che sia tornato in libertà”, chiarisce, “C’è però poi un punto di vista politico, di opportunità di rispetto verso le istituzioni. Il Presidente dell’Assemblea Capitolina è un ruolo terzo, super partes, imparziale, che per la sua natura deve essere al di sopra di ogni sospetto. Rappresenta tutta l’assemblea, che a sua volta rappresenta tutti i cittadini dato che i consiglieri sono eletti direttamente. È una delle massime cariche della città di Roma e la rappresenta nei più alti momenti istituzionali”. “Per questo” conclude “ho chiesto al Presidente, pubblicamente e mettendoci la faccia, in aula che deve essere sempre il luogo per esprimersi, se sia opportuno che lui ricopra questo ruolo in questo delicato momento e con un procedimento penale, con accuse gravi in corso. La legge glielo consente, ma non sempre, ciò che etico e giusto va di pari passo con la giustizia formale”. A parte Cristina Grancio, passata da tempo nel gruppo misto, che per protesta ha lasciato proprio l’aula, i grillini però non si sono sperticati in critiche e linciaggi, come ad esempio quelli riservati al sindaco Ignazio Marino per il caso scontrini, chiuso con una assoluzione piena.