Riapre la straordinaria biblioteca Vallicelliana. Le stelle a otto punte scandiscono il soffitto e rimandano agli Evangelisti e ai Dottori della Chiesa. I capitelli corinzi ornano le pareti e risaltano dal legno scuro e caldo delle scaffalature disposte su due piani. Le 16 finestre filtrano la luce dall’esterno e illuminano ora i due globi cinquecenteschi, ora i busti di San Filippo Neri e di Cesare Baronio. Siamo nel maestoso Salone Borromini, cuore della Biblioteca Vallicelliana che l’architetto progettò e realizzò a metà del Seicento all’interno del complesso della Chiesa di Santa Maria in Vallicella, a Roma conosciuta come Chiesa Nuova. Per costruire la maestosa Sala, Borromini scelse il secondo piano dell’edificio, al culmine di uno scalone che tuttora ospita lo spettacolare altorilievo di Alessandro Algardi con Papa Leone I nell’atto di fermare Attila. Fu lo stesso architetto a raccontare nell’Opus architectonicum le vicende legate alla costruzione della Biblioteca e del suo Salone, che nel 1665 fu ampliato dall’architetto Camillo Arcucci per fare spazio alla sempre maggiore quantità di libri. Del resto, la Biblioteca Vallicelliana è nata quasi un secolo prima della sua sistemazione borrominiana. La sua origine, già documentata nel 1581, è indissolubilmente legata alla figura di San Filippo Neri. Sono suoi i testi che costituiscono il nucleo fondativo della Vallicelliana, oggi conservati nel Salone Borrominiano, ed è lui che alla metà del Cinquecento fondò la Congregazione dell’Oratorio insediandola nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella. È qui che prese corpo la raccolta di testi che oggi conta 130mila volumi antichi tra manoscritti, incunaboli, stampati e musica. Dopo l’eredità di Achille Stazio, che lasciò a Filippo 1.700 volumi a stampa e 300 manoscritti, altre importanti donazioni di studiosi oratoriani, come quelle di Antonio Gallonio, Cesare Baronio, Tommaso Bozio, seguirono nei decenni successivi a formare le più significative acquisizioni della Biblioteca che divenne uno dei centri di produzione culturale tra i più prestigiosi d’Europa. “Il suo fondo antico, ricco di più di 130mila volumi, viene costantemente incrementato e aggiornato a partire dagli argomenti costitutivi delle raccolte seicentesche”, spiega all’agenzia Dire la direttrice della Vallicelliana, Paola Paesano. Le materie di elezione sono certamente la teologia, la storia, la filologia, la filosofia e il diritto, ma la raccolta conta anche moltissimi testi di antiquaria, archeologia, musica e cartografia. Come la coppia di globi celeste e terrestre, disegnati a mano e databili all’ultimo decennio del Cinquecento. O le Carte nautiche di produzione maiorchina, tra cui lo splendido planisfero policromo della fine del Cinquecento. “Ma ciò che rende davvero unica la Biblioteca Vallicelliana nel mondo- dice ancora Paesano- è la raccolta di circa tremila manoscritti, soprattutto latini e greci. Una tale ricchezza si spiega anche con il gesto di Papà Sisto V che affidò alla congregazione le principali abbazie benedettine dell’Italia centrale, dotando quindi la Biblioteca di fondi antichi risalenti appunto al Medioevo fino al IX secolo”. Di rilievo anche il fondo musicale manoscritto e a stampa che data a partire dal Cinquecento e documenta musica oratoriana, madrigalistica, mottetti fiamminghi, libretti d’opera e trattati e saggi di teoria e tecnica musicale. Tra tutti spicca una testimonianza lasciata da Giovenale Ancona, musicista oratoriano che alla fine del Cinquecento decise di travestire il testo erotico dell’amorosa Ero in testo spirituale.
08/04/2022