Volto noto della politica del VI, capogruppo del Partito Democratico in consiglio municipale, ha tentato la scalata al Municipio nella scorsa tornata elettorale, senza successo. Esperienza e competenze trasversali, Fabrizio Compagnone in questi anni si è occupato di Bilancio, Patrimonio, Lavori Pubblici Urbanistica, Ambiente e Trasporti, a testimonianza della profonda conoscenza del territorio che lo contraddistingue. È alla guida dell’opposizione nell’unico Municipio di centro destra della Capitale, compito non facile. Il Caffè lo ha intervistato al fine di conoscere le strategie, le nuove linee del suo partito e gli obiettivi per il prossimo futuro.
Compagnone, a suo avviso quali sono le criticità sul VI che sta soffrendo il Partito Democratico, a livello strettamente politico? “Sull’unico Municipio dove il centrodestra governa, il Partito Democratico deve ritrovare la continuità e la forza propulsiva che l’ha portato ad un soffio dal ballottaggio, continuando quel percorso virtuoso e di risanamento intrapreso dal 2016. Stiamo polarizzando su di noi l’attività di opposizione amministrativa; la buona amministrazione e l’attività messa in campo dal Sindaco e dalla sua giunta andrebbe capitalizzata meglio. Va creata una doppia corsia, una sul piano politico, mediante la quale realizzare una sintesi produttiva fra territorio e Campidoglio, e un’altra che abbia l’obiettivo di produrre un metodo più istituzionale affinché le numerose attività dei dipartimenti su indirizzo dell’organo esecutivo centrale trovino una concreta collaborazione amministrativa del Municipio VI”.
Lei sostiene, in maniera colorita ma eloquente, che questa maggioranza sia affetta da “Sindrome dell’annuncite”. Ci spiega meglio? “C’è una squadra debole, non all’altezza, al governo delle Torri. Tutto ciò è aggravato dal corto circuito amministrativo che si è creato in questo municipio. I nostri territori saranno al centro degli eventi internazionali che vedranno Roma protagonista e non possiamo farci trovare impreparati. L’inadeguatezza di questa amministrazione è dimostrata anche dal fatto che il minisindaco stia cercando di gestire personalmente la maggior parte delle situazioni anche a di fuori delle proprie deleghe. Ci sarebbe una classe dirigente pronta e preparata per poter governare il territorio, in questo momento ai margini, e quindi rimangono le nostre perplessità rispetto alla giunta nominata”.
Recentemente in giunta è stato chiamato Cristiano Bonelli, dopo le dimissioni forzate dell’ex assessore Onorati. È una figura che ha già una pregressa esperienza amministrativa. Ha delle perplessità anche su di lui? “Bonelli è una persona che non conosco direttamente, anche perché ha fatto politica in un altro territorio, però così di primo acchito posso dire che non possiede quella conoscenza del territorio adeguata al fine di amministrare. Da quello che vedo e che sento, peraltro, non è così presente in Municipio, cosa che stride con le condizioni poste inizialmente da Franco. Condizioni, poi, sterili. Perché conta ciò che riesci a produrre. Ad ogni modo non è lui che ti può far fare il salto di qualità”.
Nel merito dei singoli delegati, quali sono le maggiori critiche che muove? “Voglio precisare che non si tratta di una querelle personale. Tranne l’assessore al Sociale, che è un uomo di esperienza e che sta oggettivamente cercando di fare il possibile, per il resto non c’è spessore politico. Oltre a qualche evento messo in campo rispetto a doverose commemorazioni, non si intravede quell’attività amministrativa che può produrre degli atti concreti. In questo momento da parte nostra c’è forte preoccupazione perché non ci convince affatto questo modo di intraprendere la consiliatura”.
Il decentramento amministrativo, come sappiamo, è un pallino di Gualtieri. Rispetto a questa premessa, quanto è importante la sintonia con il Sindaco? “Il decentramento è sicuramente un percorso che ha bisogno di tempo e di attenzione. Si sta facendo perché, come dice lei, per il Sindaco è un passaggio molto importante. L’assessore preposto ha lanciato un percorso che a breve produrrà i suoi effetti e dei risultati concreti. Ma ad oggi se non hai una forte sintonia politica con il Campidoglio diventa tutto più difficile, e i limiti di un decentramento amministrativo che attualmente è ancora sulla carta diventa ancora più ostico. Per questo noi parliamo di ‘corto circuito amministrativo’.
Questa criticità è incardinata per lo più sulla matrice politica dell’attuale governo del VI. Cosa può fare il PD nel territorio per contrastare il problema? “Bisogna continuare col percorso virtuoso che si è intrapreso nel 2016; non dobbiamo confonderci. Se paragoniamo i nostri risultati al resto di Roma, è chiaro che c’è un problema perché non si è andati al ballottaggio e non si è vinto, però è pure vero che noi abbiamo espresso figure politiche a più livelli; sono molteplici i consiglieri che oggi non militano più con noi ma che vengono dalla nostra scuola politica. Dobbiamo considerare inoltre che questo è stato un territorio di punta per la Raggi nel 2016. C’è una analisi diversa da fare, per noi non è stata una sconfitta, ma una mancata vittoria. Dal 2013 c’è stato uno tsunami politico, noi abbiamo però ricostruito, posto in essere un percorso virtuoso di risanamento del partito locale. Ciò ha portato ad arrivare ad un soffio dal ballottaggio, cosa che allora era impensabile. Mesi prima che si facesse il nome di Gualtieri qui ci davano più di dieci punti sotto. È così che vanno letti i nostri risultati se si vuole essere onesti intellettualmente. Le vittorie sono tutte uguali ma le sconfitte sono diverse l’una dall’altra”.
Compagnone, cosa chiede al suo partito? “Chiedo al partito locale che continui sulla strada che ho descritto, e auspico che si riprenda a lavorare in maniera attenta e in sinergia, sia con il gruppo consiliare ma, soprattutto, col Campidoglio affinché si possa produrre sul territorio un riavvicinamento dei cittadini. Che è la cosa fondamentale”.