IL CONTRATTACCO GIUDIZIARIO
Da un lato il dialogo, dall’altro il contrattacco giudiziario. Trascinato in tribunale dal ricorso da 290 milioni di euro presentato da Eurnova e dalla Cpi del tycoon ceco Radovan Vitek, il Campidoglio ha risposto battendo a sua volta cassa. Pochi giorni prima di Natale il Comune ha chiesto 331 milioni di euro di danni al club giallorosso oltre che ai suoi due ex partner. Nel conteggio l’avvocatura capitolina ha conteggiato di tutto: dalle opere pubbliche che la città ha perso ai soldi per la figuraccia internazionale incassata da Roma Capitale, oltre a quelli dovuti per i dirigenti e i funzionari che hanno lavorato a vuoto. Il controricorso è stato depositato al Tar del Lazio il 20 dicembre. Trenta pagine che ripercorrono l’ascesa e il declino del progetto voluto dall’ex presidente giallorosso Pallotta e cancellato dai nuovi proprietari della Roma, Dan e il figlio Ryan Friedkin.
“FAREMO LO STADIO”
Tutto, comunque, dovrebbe funzionare in futuro. Il sindaco Gualtieri (tra l’atro di fede giallorossa) ha giurato in campagna elettorale che avrebbe trovato una soluzione per lo stadio. E la promessa più solenne l’aveva riservata al Romanista. “Lo stadio va fatto e lo faremo”, aveva assicurato, “Ma come ho già detto non è un metodo serio quello di fare “urbanistica elettorale”, mettersi cioè indicare un’area piuttosto che un’altra senza i necessari lavori istruttori degli uffici. Ora invece abbiamo bisogno proprio di serietà, perché sullo stadio non si può più continuare a sbagliare prendendo in giro i tifosi. Con la società ci siederemo dunque intorno al tavolo per un lavoro di istruttoria rigoroso e poi decideremo insieme. Lo Stadio della Roma deve diventare una grande opportunità per tutta la città”. “Lo stesso Presidente Mattarella”, aveva aggiunto Gualtieri, “recentemente ha sottolineato l’importanza del ruolo degli investitori privati per il rilancio del nostro Paese. È un tema fondamentale anche a Roma e considero quindi molto importante che un gruppo industriale solido come quello guidato dalla famiglia Friedkin abbia intenzione di investire nella Capitale”. Ora è arrivato il momento dell’incontro. A Roma intanto monta il dibattito sull’opportunità di dedicare o no l’Olimpico a Paolo Rossi, l’attaccante mito dei mondiali 82. La proposta – spinta in primis dal presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina – sta dividendo i romani che riterrebbero flebile il legame tra la città e il calciatore. Un tema sul quale è intervenuto pure Giovanni Malagò, “da spettatore interessato”, dato che l’Olimpico non è più gestito dal Coni. “Siamo spettatori interessatissimi ma indiretti. Non mi risulta – ha aggiunto il numero uno dello sport azzurro – che nessuno stadio teatro delle Olimpiadi abbia poi cambiato nome a favore di un soggetto”. Per poi aggiungere a Sky: “Roma e Lazio dovrebbero avere il prima possibile un loro stadio. Quando questo accadrà, con l’Olimpico che può diventare davvero il teatro della Nazionale italiana, come Wembley per l’Inghilterra, a quel punto non solo il mondo del calcio avrà il diritto ma anche il dovere di intitolarlo a Paolo Rossi”. Insomma bisogna mettersi al lavoro. Il calcio a Roma ora è nelle mani del sindaco.