“I Carabinieri della Compagnia Roma Cassia, coadiuvati dai colleghi del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Roma, del Nucleo Ispettorato del Lavoro della Capitale e quelli del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale di Roma, hanno proceduto ad una serie di controlli sull’igiene e la sicurezza nell’ambito dei luoghi di lavoro presso il cimitero Flaminio di Prima Porta. L’attività ha consentito di controllare 76 persone e 36 veicoli e di elevare 4 sanzioni per la violazione delle norme anti Covid-19″. Lo riporta il Comando provinciale dei carabinieri di Roma.
“I controlli, che non si sono limitati alle sole contestazioni in materia di contenimento dell’emergenza epidemiologica in atto, hanno portato anche ad una denuncia in stato di libertà nei confronti di un uomo ed il contestuale sequestro di un’area adibita a deposito irregolare di materiali inerti. I Carabinieri hanno anche sospesa l’attività di un imprenditore, sanzionato per 8.400 euro, per aver impiegato due operai senza regolare contratto di lavoro presso un cantiere adibito alla costruzione di una cappella. Sono in corso ulteriori accertamenti da parte dei militari dell’Arma”.
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I Carabinieri del Nas hanno posto sotto sequestro la sala urne cinerarie del cimitero Flaminio. Ne dà notizia il segretario della Cgil di Roma e Lazio, Natale Di Cola, con un post su Facebook al quale ha allegato la foto del “sigillo” apposto dai militari che riporta la dicitura “Sotto sequestro giudiziario per inosservanza alle norme sulla prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro”.
“Continuano a chiederci cosa stia succedendo al cimitero Flaminio. Dovrebbero chiederlo ad Ama, sempre ammesso che Ama risponda – ha scritto Di Cola – Sappiamo che ieri i Nas hanno fatto una ispezione degli ambienti di lavoro e che una sala, a quanto abbiamo saputo quella che contiene le urne, è stata posta sotto sequestro per le ragioni che apprendiamo dai sigilli”. Il sindacalista ha sottolineato che “da mesi denunciamo lo stato in cui versano i cimiteri capitolini – non solo a causa dell’emergenza cremazioni che ha portato, nel picco massimo, fino a 2000 salme in attesa – e la ricaduta pesante sulle condizioni di lavoro, visti gli organici ridotti all’osso e i carichi di lavoro conseguentemente più pesanti, e sui servizi, con i cittadini costretti a subire attese e disservizi. Proprio ieri le rappresentanze aziendali erano in Prefettura per il tentativo di conciliazione, perché il personale è comprensibilmente entrato in stato di agitazione e si è mobilitato contro questa situazione insostenibile”. “Lo stato di abbandono di un settore così sensibile continua a preoccuparci – ha concluso Di Cola – Non vediamo risposte all’altezza della situazione”.
(Agenzia Dire)