Fausto Bianchi è il Presidente della Piccola Industria di Unindustria Lazio associazione di cui è anche Vicepresidente.
Bianchi quali sono le problematiche delle piccole e medie imprese, oggi?
“La lista potrebbe essere lunga. Le PMI sono il segmento industriale più colpito, circa 1 azienda su 3 si è ritrovata e si trova tutt’ora in larga parte in situazioni di illiquidità o di liquidità precarie. I fatturati attesi delle PMI sono in calo di ben 11 punti percentuali. E circa 20 mila imprese potrebbero perdere più del 25% dei propri ricavi. Su alcuni settori dell’industria, dei servizi e sulle costruzioni (più sotto pressione), la probabilità di default potrebbe anche superare il 50%. Nessuna impresa resta in piedi con questi numeri”.
Tra le vostre preoccupazioni c’è quella legata al cambio di regole sui crediti deteriorati, ci può spiegare in breve di cosa si tratta e perché è un pericolo per la piccola industria?
“In base alle nuove regole, in vigore da questo mese, le banche saranno tenute a classificare l’esposizione dell’impresa in default in caso di un arretrato di pagamento, per oltre 90 giorni, su importi di ammontare superiore a 500 euro (complessivamente riferiti a uno o più finanziamenti) e che rappresentino più dell’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca. Per le piccole e medie imprese esposte nei confronti della banca per finanziamenti inferiori a 1 milione di euro, l’importo dei 500 euro è ridotto a 100 euro. Mi sembra davvero assurdo che in una fase simile vengano cambiate regole così importanti, insomma si rischiano di mettere in difficoltà migliaia di imprese già fortemente provate dalla pandemia.
Il Recovery Plan: non le sembra che ci sia poca industria?
“Chiariamo prima di tutto che il beneficio che ne può derivare per le piccole e medie imprese è sistemico visto che non si tratta di fondi diretti al nostro mondo. È una grande occasione perché investimenti in infrastrutture, sanità, digitalizzazione e istruzione portano benefici per tutti. Non dimentichiamoci che le scelte che andiamo a fare oggi avranno impatti nel futuro “economico” dei nostri figli visto che c’è una parte a fondo perduto ma anche una grossa fetta su cui pagheremo gli interessi per anni. La nostra associazione si è messa da subito a lavorare sugli interventi prioritari da sottoporre all’attenzione delle istituzioni proprio in questa ottica”.
Gli aiuti del Governo centrale sono arrivati, che feedback potete dare?
“Certamente se ne può apprezzare lo sforzo, ma possiamo dire che non sono stati sufficienti perché sono stati cifre esigue a fronte di perdite altissime, e posso parlare per esperienza personale. Ma poi nessuno ha pensato a tutta la filiera: se sei un birrificio artigianale che magari vendeva solo a pub e ristoranti oggi cosa fai? Per non parlare dei semilavorati. E poi il turismo ha dati devastanti con l’80% in meno, ed è filiera che include di tutto, trasporti, allestitori di eventi, ristoranti, agenzie, congressi e strutture ricettive. Su 1300 alberghi ne sono aperti 280 con occupazione media del 13%. Ma gli altri 1000 riapriranno mai?”
E invece quelli locali: il Comune di Roma e la Regione come si sono comportati in questi mesi così difficili?
“Con la Regione c’è sempre stata grande collaborazione: ha subito creato un tavolo nel quale noi ci siamo e collaboriamo, naturalmente ognuno nei nostri ruoli e spesso con diverse vedute, ma questo fa parte del confronto aperto. Con il Comune, all’inizio c’è stata una difficoltà di dialogo nonostante il progetto presentato dal presidente Tortoriello su Roma 2030-2050, che se preso in considerazione avrebbe rilanciato la nostra capitale. Alla luce di quello che stiamo vivendo avrebbe portato un grandissimo valore aggiunto. Negli ultimi mesi le cose vanno molto meglio perché la Sindaca ascolta molto di più le categorie produttive. Ora sosteniamo in maniera molto convinta il tavolo da lei proposto per il rilancio della nostra magnifica capitale”.
Quali sono i settori trainanti per la ripresa economica della capitale ma anche di tutta la regione?
“Sicuramente nel Lazio abbiamo un settore farmaceutico che va molto bene, è primo in classifica per quanto riguarda l’export, è bene creare e mantenere le condizioni affinché questo primato venga consolidato nel tempo. Poi occorre puntare sul settore dell’innovazione, il Lazio è la regione con la più elevata quota di occupati nei settori manifatturieri e dei servizi ad alta tecnologia e ad elevata intensità di conoscenza, con il 6,6% sul totale degli occupati. Da ultimo rafforzare le eccellenze della capitale quali l’ICT, l’audiovisivo e il turismo. Puntiamo molto sull’Expo perché c’è già un’area, che è la Fiera di Roma, che è pronta, non dobbiamo stravolgere tutto come è stato fatto per Milano. Insomma nessuno indietro”.
Quali sono le priorità per le PMI?
“Sicuramente uno dei temi chiave su cui spingiamo oggi è la “semplificazione”. Le imprese grandi o piccole che siano hanno bisogno di tempi certi, rapidi, e procedure snelle. Questo non significa e non deve significare disattenzione, tutt’altro. Le regioni italiane in questo senso “virtuose” mostrano come velocità e certezza dei processi amministrativi fungano da leva anche per l’attrazione di investimenti, che ripeto non necessariamente riguardano le grandi imprese o i grandi gruppi. Al contrario sono le medie imprese che ancor oggi nel Lazio come in Italia rappresentano oltre il 90% del tessuto economico e produttivo. E poi direi che bisogna puntare su tre cose principalmente: rafforzare la patrimonializzazione, perché ci sono imprese troppo piccole nel nostro territorio e vanno fatte crescere; poi sviluppare una maggiore capacità ad innovare in chiave 4.0 e infine puntare ai nuovi mercati guardando maggiormente all’estero e ai canali di vendita on-line, oggi imprescindibili”.