È esplosa la questione legata ai presunti furti ai pazienti Covid deceduti. Tutto è iniziato con la denuncia presentata il primo dicembre da una signora di Latina che non ha riavuto indietro fede, dentiera e documenti del papà deceduto all’ospedale pontino Santa Maria Goretti. Alla denuncia formale hanno fatto eco una serie di segnalazioni di episodi simili divulgate tramite social che però non sono sul tavolo della Polizia. La Questura di Latina ha trasmesso all’autorità giudiziaria le carte ed ora ci saranno delle indagini per capire se si è trattato di furto o se c’è un’altra spiegazione.
In seguito a questo episodio denunciato a Latina sono venuti a galla altri casi avvenuti a Roma. Il primo fa riferimento al decesso di un uomo di 68 anni di Fondi al San Camillo. Ai familiari non sarebbero mai stati restituiti fede nuziale, vestiti e occhiali e anche in relazione a questo caso è stata sporta denuncia. A meno di 24 ore da quando la notizia è diventata di dominio pubblico è arrivata una nota stampa da parte della Regione Lazio in cui l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato ha reso noto di aver ricevuto la buona notizia dal direttore generale del San Camillo di Roma che ha rinvenuto gli effetti personali smarriti ed ha chiamato la famiglia del 68enne per restituirli. Nella nota viene sottolineato, dunque, che non si è trattato né di furto né di sciacallaggio. Lo stesso direttore generale Fabrizio d’Alba ha dichiarato: «Nessun furto ma un errore umano come evidenziato dall’inchiesta interna».
Quanto avvenuto al San Camillo, però, non è l’unico caso. Risulta alla redazione del Caffè un’altra denuncia presentata il 5 dicembre presso il commissariato di Polizia di Stato Romanina. La moglie di un paziente Covid residente ai Castelli Romani e deceduto al Policlinico Tor Vergata di Roma ha raccontato un episodio molto simile a quanto sarebbe accaduto in altri nosocomi. Da quanto si legge nella denuncia, la caposala avrebbe consegnato alla nipote del paziente Covid deceduto «un contenitore di plastica contenente gli effetti personali di mio marito – si legge – con l’avvertimento di aprirlo soltanto dopo essere tornata a casa. Mia nipote – racconta la moglie – mi ha consegnato il contenitore, debitamente sigillato, ed io ho provveduto ad aprirlo per la prima volta. All’interno vi era tutta la biancheria intima di mio marito e diversi effetti personali, tranne il suo bracciale di cuoio con medaglia d’oro e la fede in oro giallo del nostro matrimonio».
Da quanto si apprende, questi episodi raccontati non sarebbero gli unici. Purtroppo, però, la maggior parte delle storie simili riferite sul web e che fanno riferimento anche ad altri ospedali romani non sono finite negli uffici della Questura e dunque non sono oggetto di indagine. È importante, dunque, ricordare alle vittime di presunti di presentare sempre formale denuncia perché possano partire approfondimenti volti a capire che cosa è realmente accaduto. Di certo c’è che se in una circostanza può essersi trattato di un errore generato dalla disorganizzazione che ha portato il Covid-19, è difficile credere che in tutti i casi la storia sia stata la stessa. Saranno le indagini, ora, a chiarire cosa è davvero accaduto laddove è stata sporta denuncia.