Un’ordinanza temporanea della seconda sezione bis del Tar Lazio, presieduta dalla giudice Elena Stanizzi, ha concesso alle due parti in causa 30 giorni di tempo per sedersi ad un tavolo e cercare di trovare una soluzione condivisa. Da una parte della barricata c’è il Comune di Roma, accusato di non dare il via libera all’immobile commerciale. Dall’altra il Gruppo Parnasi che ha presentato due ricorsi per cercare di ottenere l’autorizzazione all’inaugurazione del centro commerciale. Il primo ricorso risale a maggio, il secondo al 9 ottobre scorso. Senza l’avvio di Maximo il costruttore romano Luca Parnasi rischia di fallire, ma soprattutto di veder sfumare l’affare stadio a Tor di Valle. Resterà certo decisivo, in questo scontro senza esclusione di colpi, il ruolo della Regione Lazio che non è stata chiamata in giudizio al Tar, ma che sarà invece determinante nel concedere o meno il via libera al collaudo tecnico-amministrativo di Maximo che precede, per legge, l’avvio delle successive attività commerciali.
OPERE MAI FATTE E PASSAGGI DI PROPRIETÀ
La vicenda di Maximo naviga nel mare in tempesta da più di qualche mese per tre motivi.
Primo motivo: la Convenzione Urbanistica del 2009, ossia il contratto che regola i rapporti tra Comune di Roma, Regione Lazio e Gruppo Parnasi, impedisce di avviare, vendere, affittare o sub-affittare Maximo prima che siano completate e collaudate (a spese del costruttore) anche tutte le opere pubbliche a servizio del vicino quartiere del Laurentino 38 e previste nell’ambito del Piano di Recupero Urbano Laurentino (PRU-Laurentino): una piazza pubblica ampia 15mila metri quadrati (quanto tre campi da calcio di serie a), tre piani sottostanti e interrati di parcheggi per un totale di 2770 posti auto, la nuova sede del IX Municipio e un ponte pedonale di collegamento tra la piazza e il quartiere, 4 opere che non sono ancora a disposizione dei cittadini.
Secondo motivo: anche la Convenzione Commerciale n.1235 rilasciata il 10 maggio 2012 dal Suap di Roma, ossia l’Ufficio capitolino Attività Commerciali, Produttive e Artigianali, stabilisce che l’avvio delle attività commerciali di Maximo è “subordinata alla preventiva realizzazione e messa in esercizio di tutte le opere pubbliche previste nel PRU-Laurentino”.
Terzo motivo: il 14 ottobre, nel pieno della tempesta, la società Parsec 6 proprietaria dell’immobile è stata frettolosamente e incomprensibilmente ceduta dal Gruppo Parnasi/Unicredit alla società anonima Polma 1 sa-Gruppo CPI Property. Non sappiamo se tale vendita sia valida visto che l’ordinamento giuridico italiano non contempla tipologie di società indicate tecnicamente come “sa”, ossia anonime. Tale vendita è avvenuta, tra l’altro, mentre sono in corso (dall’8 ottobre) indagini su Maximo da parte delle commissioni Urbanistiche regionale, capitolina e IX Municipio e dalla Commissione d’inchiesta guidata dalla Giunta Raggi, tecnicamente una ‘Due Diligence’ (una super-commissione d’inchiesta su Maximo) istituita col voto unanime dell’aula Giulio Cesare. La Commissione urbanistica capitolana non ha voluto riconoscere la validità di questa vendita. Sempre su questa strana vendita dell’ultima ora, la consigliera capitolina Cristina Grancio ha depositato una interrogazione urgente a sindaca e Giunta achiedendo di verificare se è stata rispettata alla lettera la normativa antimafia e gli standard urbanistici.
COMMISSIONE URBANISTICA ROMA
“Il nostro faro guida – ha tuonato nel corso della Commissione Urbanistica capitolina Carlo Chiossi, presidente dell’assise, il 30 ottobre nel corso di una seduta urgente in cui si è parlato dell’ordinanza del Tar – rimane la difesa dell’interessa pubblico (…) convocherò un’altra seduta chiedendo la partecipazione dell’avvocatura per capire la situazione e formulare indirizzi puntuali”. La richiesta di convocare con urgenza gli avvocati del comune per apprendere i dettagli dell’ordinanza del Tar Lazio e stabilire una linea d’indirizzo è stata avanzata anche da Pelonzi (PD), De Priamo (FdI), Grancio (Misto).
FARI ACCESI SUL TAR
I ricorsi di Parnasi chiedono l’annullamento di alcune lettere sottoscritte dal Dipartimento Urbanistico capitolino negli ultimi 9 mesi, che negano la possibilità di un immediato avvio di Maximo, senza prima la realizzazione delle opere pubbliche in convenzione. Se venissero tutte annullate, comunque, non cambierebbe nulla. Alcuni politici del M5S contestano anche l’ordinanza del giudice Elena Stanizzi che sostiene, in sostanza, che il comune debba mettersi a disposizione del privato per avviare e subito l’opera: “Roma dovrà adottare tempestivamente ogni provvedimento utile (…) al collaudo dell’opera”: ma come si fa a collaudare un’opera che non è stata ancora completata? Addirittura la costruzione deiparcheggi e della sede del Municipio IX non è stata nemmeno iniziata. In questo senso, in Commissione si sono alzate e forti due voci. Quella della consigliera capitolina M5S Alessandra Agnello (ex Presidente Lavori Pubblici Roma): “Stride – ha sostenuto con forza – che un giudice provi a dettare tempistiche che tendono a modificare la Convenzione Urbanistica del 2009, ossia i patti stipulati dal Comune di Roma col privato davanti ad un notaio!”. Concetto ribadito, poco dopo, dalla collega Donatella Iorio (ex Presidente Commissione Urbanistica Roma): “Condivido al 100% il discorso della collega Agnello. Il giudice propone in sostanza di derogare la Convenzione, ossia i patti in corso tra pubblico e privati. Questo è un paradosso. Il giudice dà priorità all’avvio dell’immobile, ma non è quello lo scopo della Convenzione e del PRU-Laurentino che prevede regole precise, tra le quali la contestualità tra il completamento e l’avvio delle opere pubbliche e quelle private”. Non è la prima volta che il M5S attacca la Giudice del Tar Stanizzi, già contestata nel 2016 sulla vicenda del referendum costituzionale che costò la caduta del governo Renzi.