Successivamente si sono scoperte altre cose che non tornano: dalla vicenda della ciclabile interrotta e mai utilizzata, a quella dell’asilo mai completato e del fabbricato di cantiere abbandonato. Per contorno, per così dire, c’è poi la vicenda del parcheggio da 500 posti auto non costruito e di un distributore di benzina che sorge proprio sulla vecchia via Laurentina.
Si tenga conto inoltre delle indagini della Corte dei Conti avviate nei confronti di politici e amministratori, tra cui Zingaretti e Raggi, per l’incauto acquisto del Palazzo della Provincia, posto a poche centinaia di metri dal parco, costruito da Luca Parnasi implicato nel processo sullo Stadio della Roma. Da segnalare come la zona è ad alto rischio idrogeologico, tecnicamente è una E4 e avrebbe dovuto essere degrada ad un E2 per la messa in sicurezza dei vicini insediamenti immobiliari costruiti dal gruppo parnasi ma si scelse una strada diversa e cioè quella della “mitigazione” più rapida e meno dispendiosa.
Insomma su tutta l’area delimitata dal fosso del Vallerano e di quello dell’Acquacetosa insistono rilevanti questioni di cui ci stiamo occupando da più di tre mesi.
Ed in questa ottica c’è da segnalare un’altra problematica.
Seguendo il corso del Vallerano verso il Tevere si giunge sulla via Ostiense, precisamente a via del Trotto, vicino all’area di Tor di Valle dove si vuol costruire, in una zona peraltro subsidente, il nuovo stadio della Roma. Lì c’è, nascosto alla vista e accanto ad una ciclabile, un ponte romano di epoca repubblicana di cui ci siamo occupati nel numero scorso.
Il ponte, a tre arcate, è molto ben conservato e qualche tempo fa è stato salvato dal degrado grazie all’azione congiunta di volontari e istituzione, ma adesso la discarica si sta riformando.
Senza un’azione di controllo continua e costante si rischia di tornare rapidamente al passato.
Ma il punto interessante che abbiamo scoperto e che superando il ponte romano grazie ad un sottopasso sulla via Ostiense si giunge in una zona estremamente degradata peraltro arsa da un incendio lo scorso agosto. Quello che si può notare, tra copertoni bruciati, elettrodomestici dismessi e semplice immondizia, è che la confluenza del Vallerano con il Tevere che da lì dista poche centinaia di metri, non è raggiungibile perché la zona è recintata in maniera artigianale con brandine metalliche, filo di ferro ed altri accorgimenti “caserecci” (vedi foto 1). Proseguendo di qualche metro si giunge ad un telone di plastica che impedisce di entrare nell’area, con su stampato “Gay Village Farm” e con scritto a mano “Area sequestrata” (vedi foto 2).
Ora, che la magistratura abbia scritto a mano con un gessetto la frase precedente è piuttosto improbabile anche perché non c’è nessun foglio timbrato con il sigillo dello Stato che in questi casi viene apposto ai sequestri. Dunque l’accesso è bloccato. Dietro i rudimentali sbarramenti di cui abbiamo accennato si può vedere una costruzione abitata in cemento. Quindi ci sono degli “inquilini”. Poiché la zona è stata spesso al centro di polemiche per insediamenti abusivi la vicenda dovrebbe avere risposta dalle istituzioni competenti. Resta comunque il fatto che un’area di grande pregio naturale non solo è interdetta ma è anche assai degradata e quindi pericolosa.